"Che fretta c'era, maledetta primavera". E in effetti ci vorrebbe proprio Loretta Goggi sotto la sede dell'Avellino a cantarne quattro magari alla dirigenza, facendola riflettere e facendogli venire i punti interrogativi in testa stile cartoni animati. Ah, quante volte li abbiamo visti. Almeno io sì. Che fretta c'era nel cambiare allenatore? Non si stava andando allo sbaraglio con Tesser che almeno schierava un Avellino sempre offensivo e propositivo che spesso e volentieri ha perso le partite per l'unico rammarico di aver peccato in cinismo. Cinismo = gol sprecati. E se sottoporta si sbagliava non era certo colpa dell'allenatore. Lo sostengo da tempo e continuerò a farlo. Ma voi da attenti osservatori quali siete mi direte: "Ma nello scorso editoriale non avevi promosso Marcolin? Che giornalaio". Il punto è che avevo promosso Marcolin perché aveva giocato con ordine contro la capolista, non subendo gol e regalando un punto che faceva morale ai giocatori. Questo sì. Ma quello visto oggi è assolutamente brutto. Una compagine passiva, che non ha quasi mai tirato in porta e rendendosi pericolosa come una mosca che ti ronza intorno nel mese di dicembre. Lenta, compassata e poco convinta di ciò che stia facendo. Le premesse della vigilia erano altre. Ok che il Latina ha giocato col coltello tra i denti, ma una prestazione del genere non si può proporre. Lo ha ammesso anche capitan D'Angelo che ha lanciato un chiaro segnale mettendoci la faccia: "Amici Lupi, scordiamoci i playoff". Il che tradotto vorrebbe dire "Pensiamo alla salvezza che è meglio". L'attacco ha le polveri bagnate, Castaldo si trova a disagio da prima punta come un asino in un campo di fiori, complice anche il suo stato di forma non al top come sostengo da diverse settimane. E che il suo rendimento sia calato notevolmente è sotto gli occhi di tutti. Poi, mister Marcolin, perché Mokulu, il miglior realizzatore dell'Avellino viene lasciato in panchina? Non è che forse devi ancora schiarirti le idee? Chissà, nel frattempo noi continuiamo a pensare che qualcosa non va. Questo Avellino non può essere quello delle sette vittorie di fila.

Si è inceppato il meccanismo. Forse all'interno del gruppo. Forse l'addio di qualcuno ha influito sull'armonia dello spogliatoio, perché nel calcio non dimentichiamoci che esistono tante componenti. Non basta solo allacciarsi gli scarpini che lo sponsor ti ha regalato e scendere in campo a tirare calci a una cosa sferica, o rotonda, fate un po' come vi pare. La geometria non è mai stata il mio forte.
Fatto sta che l'Avellino ora deve lottare per non farsi risucchiare nelle sabbie mobili dei playout che possono diventare molto pericolose. I punti di vantaggio sono sette, che al momento possono essere sufficienti, ma possono diventare incredibilmente pochi, se il rendimento degli irpini continua ad essere questo. Nel frattempo, ovviamente, mister Tesser se la ride. Evidentemente il problema non era lui, ma questo per alcuni è risaputo. Il calcio, come diceva un mio maestro è bello per questo: tutti ne possono parlare. Chi a ragione, chi a torto. Ed io sono solo uno che racconta delle cose e che prova, sempre, nel rispetto di tutti, a far riflettere su determinate situazioni. Con razionalità e lucidità, ma con l'Avellino nel cuore, si intende.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 02 aprile 2016 alle 20:40
Autore: Pellegrino Marciano / Twitter: @pellegrinom17
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