L’Avellino non va, colpito e affondato pure dal Monopoli in poco più di mezz’ora. Si fa fatica a ricordare una squadra senza gioco come quella mandata in campo da Taurino al Veneziani. Proviamo a spiegare quelli che sono, secondo il nostro avviso, i cinque punti cardine della crisi dell'Avellino.
LIMITI DEL PRE-CAMPIONATO. I problemi potrebbero nascere da qui, dal ritiro a Mercogliano, effettuato su un terreno di gioco scadente, spelacchiato, con buche e zone incolte, rabberciato all’ultimo per consentire all’Avellino di stare vicino ai suoi tifosi(non si discute l'operato di chi ha salvato in extremis il salvabile, sia chiaro). L’operazione simpatia ha portato buoni risultati, spalti pieni di tifosi, soprattutto in occasione delle gare amichevoli. Ma le condizioni del campo hanno fatto storcere il muso a tanti e potrebbero aver condizionato pesantemente la preparazione estiva dei biancoverdi, che sembrano sulle gambe, molli, già stanchi alla terza di campionato (il passaggio dall'erba naturale al sintetico - e ci sarebbe da parlare anche sulle condizioni del manto del Partenio-Lombardi - potrebbe avere aggravato la situazione precaria della condizione atletica di tutta la squadra). Le amichevoli, poi, non sono state disputate contro formazioni di pari categoria, almeno per testare il livello della preparazione. Mentre parecchie altre squadre di Lega Pro si affrontavano tra loro, l’Avellino ha preferito confrontarsi con formazioni abbordabili, rappresentative locali, formazioni di Eccellenza e Serie D e la Primavera della Roma, tra l'altro corsara al Mercogliano Stadium. Paura di figuracce? Chissà.
IL 3-4-3 NON CONVINCE. Taurino ha subito allenato l’Avellino col 3-4-3, modulo rischioso, poco o quasi per nulla utilizzato dalla B a salire. Marchio di fabbrica di Gaetano Auteri (che da anni fatica a ripetere le buone cose fatte vedere a inizio carriera e col Messina ha conquistato un punto, come l’Avellino), il 3-4-3 non convince e dovrebbe essere accantonato in fretta. Calciatori fuori ruolo: perché ostinarsi a schierare Micovschi esterno a sinistra se ha dimostrato di non essere in grado di poter ricoprire quel ruolo? Perché non farlo giocare sulla trequarti? In quella posizione, ai tempi di Capuano, con un Avellino ancora meno forte di questo, ha disputato la sua stagione migliore. Non convince neppure Di Gaudio da esterno a sinistra nel tridente: il palermitano non ha più la gamba per puntare uno, due, tre avversari per volta. Murano, poi, non è una punta centrale, ma questo punto lo analizzeremo a breve. Con il 4-3-3, a Monopoli si è visto qualcosa in più, il 3-4-1-2 potrebbe essere l’opzione più favorevole visti gli uomini a disposizione.
NON SI INTRAVEDONO MARGINI DI MIGLIORAMENTO. Ed è l'aspetto che più incute paura. Se a Pescara, dopo un discreto primo tempo (in fase difensiva), il ko poteva pure starci, contro un avversario di qualità, vittorioso per un'amnesia difensiva e fortunato nel non incassare il pareggio nel finale (parata di Plizzari su Kanoute), il pareggio con la Gelbison ha rappresentato un doppio passo indietro; la sconfitta con il Monopoli, addirittura, un triplo salto carpiato sul cemento armato. Tre prestazioni, una peggiore dell'altra, con la terza peggiore della seconda e della prima. Invece di migliorare l'Avellino peggiora. Squadra scollata, evanescente in attacco, affidata a una costruzione dal basso che ha già generato il primo danno (errore di Marcone in occasione del 2-0 del Monopoli). Peggio di così...
MERCATO DELLE PUNTE. Tre mesi di mercato trascorsi a spingere Maniero fuori da Avellino, dimenticandosi di acquistare un attaccante, se non negli ultimi due giorni di mercato. Serviva un bomber, è arrivato il giovane Gambale in prestito dal Montevarchi, seguito da Marcello Trotta, da un paio di anni meno incisivo sotto porta rispetto a quando faceva impazzire i tifosi biancoverdi. E comunque non è mai stato un attaccante prolifico. Inoltre non ha effettuato una preparazione atletica adeguata, aggregato all’Equipe Campania. Se era questo l’obiettivo per l’attacco, perché non prenderlo prima, farlo allenare col gruppo e integrarlo in tempo per l’inizio della stagione? Perché? Perché non era lui l’obiettivo dell’Avellino. Semplice. Il "no" di Udoh è stato, poi, il colpo di grazia. A quel punto senza alternative valide si è andati sull'usato sicuro. E ora ci si ritrova con una squadra senza un vero finalizzatore.
IL SILENZIO DEI D’AGOSTINO. E arriviamo al punto più delicato. Dal 23 luglio, dalla Festa del Lupo (ultimo momento lieto prima della tormenta di polemiche, sconfitte e contestazioni), non si leggono o sentono dichiarazioni della proprietà. Il presidente D’Agostino è impegnato con la campagna elettorale in vista delle elezioni del 25 settembre. Il figlio Giovanni, fino alla scorsa Primavera amante delle comunicazioni sui social e delle interviste televisive, è scomparso dai radar. L’ultima volta che D’Agostino Sr. ha parlato in pubblico disse: “Sarà una stagione diversa, perché questa gente merita molto di più. Quest’anno dovremo fare di tutto per regalare ai tifosi quello che meritano”. La domanda è: siamo convinti che sia stato fatto di tutto? Il repulisti promesso dalla proprietà dopo la scoppola col Foggia è servito soltanto a indebolire la squadra. Dissero che non si sarebbe badato a spese, chissenefrega del bagno di sangue per buonuscite e incentivi all’esodo. Ma c’è la sensazione che quel repulisti “comportamentale”, il taglio di giocatori che non avevano contribuito alla causa biancoverde, sia stato solo il pretesto per ridimensionare gli obiettivi. Che poi non ci sarebbe stato nulla di male, se fosse stato annunciato a inizio stagione. L’unico a metterci la faccia è stato il ds De Vito, che ha parlato di mercato condotto con un occhio al bilancio. E questo fa riflettere. Molto. La famiglia D’Agostino ha ancora voglia e le possibilità economiche per portare avanti il progetto Avellino o il futuro è legato solo ed esclusivamente alla costruzione del nuovo stadio? Ai posteri l’ardua sentenza.
Autore: redazione TuttoAvellino / Twitter: @tuttoavellinoit
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