“A 50 anni ho conseguito il diploma per fare il badante. Un normale attestato, non da infermiere, che ho preso per poter trovare qualche impiego attraverso cui accumulare quei pochi anni di contributi che mi mancano per poter accedere alla pensione. Il mondo del calcio, purtroppo, per chi come me non ha avuto né la possibilità né la determinazione di studiare, non offre aspettative professionali”. A parlare, attraverso le colonne del quotidiano Il Mattino, è Dante Bertoneri, mezz’ala biancoverde nella stagione 1983-1984 e protagonista con le sue 22 presenze e 2 reti della tranquilla salvezza colta dai lupi e targata Ottavo Bianchi, subentrato in corso d’opera al compianto Veneranda. Una storia davvero raccapricciante quella che l’ex calciatore originario di Massa Carrara che nella sua carriera ha vestito anche le maglie di Torino, Parma, Perugia e Massese ha voluto affidare alla cronaca giornalistica: “Mi ritengo una persona leale e pulita. Doti che però non sono riconosciute nell’odierno mondo del calcio, un mondo purtroppo dominato da nuovi ideali legati in modo inevitabile alla logica consumistica e agli interessi economici. Vivo con mia madre e in attesa di trovare occupazione dopo essersi diplomato badante, mi mantengo con il podismo e ringrazio l’Atletica Signa di Firenze per aver creduto in me e aver contribuito alle mie esigenze attraverso i rimborsi spese e i premi per i buoni piazzamenti che cerco di conseguire in ogni gara della categoria veterani di cui faccio parte”. Nonostante la sua permanenza in Irpinia sia stata breve, indelebile in Bertoneri è il ricordo dell’esperienza con la maglia biancoverde: “Un pubblico fantastico e caloroso quello avellinese. Ricordo una volta che mi infortunai lievemente in una gara al Partenio-Lombardi, uscii con qualche punto di sutura e la gente non esitò a tributarmi quasi un minuto di scroscianti applausi per incoraggiarmi. A volermi in Irpinia fu anche il commendatore Antonio Sibilia, sempre disponibile e generoso sia nei miei confronti che verso i miei compagni dell’epoca, su tutti il mitico Ramon Diaz, Geronimo Barbadillo, Luciano Cilona, Walter Biagini l’attuale trainer del Padova Franco Colomba e soprattutto il compianto Gian Pietro Tagliaferri che qualche anno fa ci ha tragicamente lasciati. Un rapporto di profonda stima ed amicizia reciproca lo strinsi anche con l’allora capitano Salvatore Di Somma, oggi direttore sportivo della Juve Stabia, che nel momento in cui decisi di lasciare Avellino per avvicinarmi a casa, sentendo la nostalgia dei 600 chilometri di distanza, fece di tutto per convincermi a rimanere in Irpinia. Non lo ascoltai e forse se fossi rimasto in Irpinia, forse la mia esistenza sarebbe stata oggi diversa in quanto pur di tornare al Nord accettai il declassamento in cadetteria e nella stagione successiva il Parma retrocesse in terza serie e con quello ducale iniziò anche il mio declino personale. Solo che oggi il Parma si è ripreso ed è in A, io invece non mi sono più rialzato e oggi mi vedo costretto  a tentare tutti gli espedienti per “sbarcare il lunario” e condurre una mediocre esistenza”.

Sezione: Ex biancoverdi / Data: Gio 14 marzo 2013 alle 11:19
Autore: Angelo De Rogatis
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