Mamadou Kanoute, attaccante dell'Avellino, è stato ospite della puntata "Un lupo in famiglia" di Prima Tivvù. Tanti i temi toccati da Kanoute, dagli inizi, l'arrivo in Italia e l'approccio nel mondo del calcio.

Queste le parole del giocatore biancoverde: "L'arrivo in Italia? E' stato un ricongiungimento familiare, è musicista, vive in Italia da tanti anni e ho deciso di stare vicino a lui. Ho iniziato con la Roma Primavera, anche se non avevo il permesso di soggiorno pronto e mi hanno affidato al Tor di Quinto. Ho fatto 12 gol in 9 partite e da lì ho avuto tante richieste. Avevo 17 anni. Da Tor di Quinto è partito tutto". 

Koeman lo ha visionato: "Sì nel ricordarlo mi emoziono. Quando ero piccolo, in Senegal, Koeman al Feyenoord mi venne a visionare. Vedere un grande ex campione per e fu un sogno. Mi portò in Olanda con se, mi fece fare dei provini e gli piacqui molto. Però poi ci fu un blocco per una legge della FIFA e non sono riuscito a rimanere in Olanda. Potevo tornare solo maggiorenne. All'epoca avevo 15-15 anni. Poi come detto sono andato in Italia. Koeman venne anche in Italia, mi voleva davvero, ma mio padre disse che voleva seguirmi da vicino e avendo delle richieste importanti in Italia decidemmo di restare qui". 

Accademy in Qatar: "Si avvicinò una accademia in Qatar, che era gestita dai proprietari del PSG. Mi garantivano una crescita importante, ma anche qui mio padre preferì farmi restare in Italia. Il calcio italiano mi ha fatto maturare tanto e sono contento anche delle mie scelte. Ho iniziato giocando per strada, quando passavano le macchine ci spostavamo, facevamo le porte con le pietre. In Italia ho iniziato con la scuola calcio. Ho sempre amato questo sport, correre dietro alla palla. Ringrazio mister Musa che mi ha spinto a giocare a calcio". 

Sulle origini: "Per l'Africa è importante, non bisogna mai dimenticare da dove si è partiti. L'anno scorso ho portato delle magliette del Palermo ai bambini, i palloni, per me è bellissimo vederli felici. E' difficili gestirli. Portare anche quelle dell'Avellino? Spero di farlo. Far felice i bambini sono le cose più belle della vita. Le mie vacanze sono sempre in Senegal, a Dakar. Il legame è forte". 

Sul Benevento: "La scelta del Benevento è dovuta sempre al discorso che dicevo prima di mio padre. C'era sempre il Feyenoord che mi voleva ma mio padre mi spinse ad andare lì. C'erano Benevento, Como, Parma, Brescia ma mi consigliarono di andare a Benevento in Serie C. Ho fatto tutto il percorso con loro, ho fatto anche il mio esordio in Serie A. Sono cresciuto molto. Mi mandarono in prestito, prima all'Ischia e poi alla Juve Stabia. Poi Pro Vercelli, Catanzaro, Palermo e Avellino". 

Sull'Avellino: "Non mi aspettavo di venire qui. L'Avellino mi ha cercato per diverso tempo negli anni scorsi. La trattativa è stata veloce, è stata una scelta facile per me. A Palermo ero considerato importante, in ritiro il tecnico mi diceva sempre che puntavano su di me. Poi l'Avellino mi ha cercato e mi ha convinto del progetto. L'anno scorso aveva fatto bene, quest'anno ha allestito una grande squadra, ma il Palermo mi ha lasciato andare nonostante ero importante". 

La piazza che gli ha lasciato qualcosa in più: "Sono stato bene in tutte le piazze ma penso che la Juve Stabia sia stato l'anno più bello, perchè da lì poi sono andato in Serie A. Mi sono divertito molto quell'anno, mi ha fatto crescere moltissimo". 

Solo due presenze in A: "Mi infortunai nella Juve Stabia e tornai a Benevento infortunato. Ma Vigorito ha creduto in me. Mi sono curato, ma c'ho messo un po' di tempo. Ho esordito ad ottobre con la Fiorentina e poi una presenza con l'Atalanta, due bellissime partite. Da lì mi dissero che mi volevano tenere anche per la seconda parte della stagione ma io preferivo giocare con continuità e andai alla Pro Vercelli in B". 

Sul Catanzaro: "Mi prese poi il Catanzaro in B, c'era anche mister Auteri che mi piaceva molto e sono andato lì, in una piazza importante". 

L'allenatore che più gli ha lasciato in segno: "Un po' tutti, ognuno mi ha dato tanto. De Zerbi si vedeva che era bravo, ma ogni allenatore allena a modo suo".

Su Braglia: "E' uno che parla poco e che si fa capire. E' una brava persona, quello che pensa te lo dice, è diretto. Parlando con lui capisci che è una persona per bene". 

L'idolo: "Mi sono sempre ispirato a Jay-Jay Okocha. Per me è stato il giocatore africano più forte di tutti  i tempi. Aveva numeri straordinari, mi sono innamorato del calcio grazie a lui. Aveva tecnica, corsa, era forte. Che grande giocatore. Quando ero piccolo andavo nei cyber-cafè e pagavo per vedere i suoi video. Mi è piaciuto anche Ronaldinho. Per me il calcio è lo spettacolo, i numeri, scartare, vedere lo spettacolo, per me quello è il calcio". 

Su Drogba: "Era una punta, che segna, ma come detto, a me piaceva la fantasia, quelli che spaccano le partite". 

Sulla Nazionale: "E' il mio sogno, quello di vestire la maglia della Nazionale del Senegal. Ci spero ancora. Magari andando in B riuscirò a farmi notare e a vestire quella maglia. E' una Nazionale forte in Africa. Magari fare anche solo una presenza". 

Sul razzismo: "Ci sono stati episodi anche nei miei confronti. Io però ci passo sopra. Queste cose non mi devono interessare. Io penso a giocare. Queste cose fanno capire che è gente povera di animo e ignorante. Io penso a giocare, a fare bene e ci passo sopra. Anzi, mi esaltano di più, cerco di far capire che sono più forte delle offese. Penso che in Italia ci sia il razzismo, ma c'è dappertutto, non solo in Italia. Nel 2022 non è bello vedere ancora queste cose. Non sono cose che ci fanno andare avanti. E' triste davvero". 

Sulla famiglia: "Sono sposato, mia moglie è di Roma come me. Ci siamo conosciuti a Roma. Lei ha cambiato il mio modo di vivere. Prima avevo un'altra testa, avevo un'altra mentalità. Lei mi ha dato tanto, mi ha inquadrato. Abbiamo un figlio di un anno". 

Sul gruppo: "Mi trovo bene con tutti, prendo in giro i miei compagni. Soprattutto i palermitani. E' un bel gruppo di bravi ragazzi e sono contento di essere in questa squadra". 

Sul lutto: "E' stato un momento pesante per me, non era facile fare quella partita a Messina. E' stata dura, ma ho stretto i denti, la squadra aveva bisogno di me e non ho mollato. Li ringrazio per la vicinanza. E' stata una giornata pesante, ho fatto tanta strada per tornare ad Avellino, restare un po' con mia moglie, sono tornato a Messina quasi a mezzanotte, poi fino alle 5.00 sono stato a telefono con mia moglie, mi sono svegliato alle 8.0o per la partita. E' stata durissima. Non so neanche come ho giocato quella partita".

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Sezione: Copertina / Data: Ven 26 novembre 2021 alle 16:45
Autore: Marco Costanza
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