In una lunga intervista rilasciata a La Casa di C, l'ex biancoverde Antonio Zito ha raccontato i suoi trascorsi con l'Avellino e i motivi del suo addio: "A Avellino ho conosciuto Castaldo, un vero amico. Merce rara in questo mondo. Abbiamo condiviso gioie e dolori, dentro e fuori dal campo. Tra di noi non ci sono mai stati segreti, siamo stati sempre leali l’uno con l’altro. Con lui abbiamo coniato l’esultanza mimando un brindisi con due bottigile di birra: perché? Dopo ogni vittoria con l’Avellino eravamo soliti bere una birra per raccontarci la partita. In quelli negativi era invece sfogo per tirare fuori di tutto e di più.

L’addio all’Avellino non dipese dalla mia volontà. Quando il 2 giugno 2015 fummo eliminati in semifinale al Dall’Ara, dal Bologna, l’allora presidente Walter Taccone promise che mi avrebbe rinnovato il contratto nel giro di qualche giorno. Quell’appuntamento non è mai stato realmente fissato. Così ne feci una questione di principio. Iniziò il ritiro, mi incrociò e mi disse: “Antonio, come stai? Ti vedo un po’ giù di morale”. Io risposi: “Tranquillo, presidente, presto ritroverò il sorriso a gennaio sarò il primo ad andare via. Le ricordo che avevamo un incontro”. Lui rimase sorpreso e provò a sdrammatizzare aggiungendo: “Ma come, abbiamo rischiato la storia, dai non fare così”. Poi scoppiò a ridere. La trovai una grave mancanza di rispetto. Per me la parola e sacra.

Un giorno il mio agente, Claudio Parlato, mi chiamò e mi disse che c’era anche la Salernitana. Presi un giornale, andai a vedere la classifica e vidi che erano quasi spacciati: a 7 punti dai playout, praticamente retrocessi a gennaio. Fu allora che sentì dentro che era quella la vera sfida di cui avevo bisogno. Ho sempre adorato prendermi le rogne.

La prima partita da giocare era Avellino-Salernitana, il 16 gennaio 2016. I tifosi vennero all’allenamento e si rivolsero a me: “Non ci importa dove hai giocato, basta che sudi questa maglia e per noi sarai un giocatore importante”. Quelle parole mi sono sono entrate nella testa perché le ho trovate intelligenti. Pensare alla propria squadra, innanzitutto. A Salerno i tifosi amano realmente la loro maglia prima di tutto.

Ad Avellino presero il mio passaggio alla Salernitana come un tradimento, ma non era così. Due anni favolosi erano stati cancellati con un colpo di spugna. Quella giornata mi hanno insultato in un modo che non riesco nemmeno a spiegare anziché riconoscere il contributo che avevo sempre dato per difendere la maglia biancoverde. In fondo è più facile discriminare che ad apprezzare. 

E così, quando mi è arrivato tra i piedi un fumogeno dalla Curva l’ho preso e ho fatto finta di iniziare a fumarlo come fosse un sigaro per lanciare un messaggio: “Per me è un lavoro, ma quando sono in campo sono un bambino. E quello che state facendo mi fa solo divertire”. Essere attaccato mi ha sempre caricato particolarmente. Perdemmo quella partita, fu decisivo Marcello Trotta, ma alla fine ci salvammo realizzando un’impresa incredibile".

Sezione: Ex biancoverdi / Data: Mer 24 agosto 2022 alle 16:22
Autore: redazione TuttoAvellino / Twitter: @tuttoavellinoit
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