L'allenatore della Primavera 3 dell'Avellino, Raffaele Biancolino si è raccontato ai microfoni di La Casa di C.
Ecco perché ha iniziato ad allenare: “Il passaggio da giocatore ad allenatore ha avuto origine mentre ero ancora in campo. Negli ultimi anni della mia carriera ho deciso che avrei voluto fare l’allenatore. Sentivo che non sarei riuscito a stare lontano da questo mondo. Ho assecondato il desiderio di lavorare in campo con i calciatori.
Ho imparato da Sarri, Galderisi, Gregucci e Zeman. Aver giocato mi aiuta a capire gli umori dei calciatori. Le mie squadre devono far divertire e divertirsi, saper soffrire. Se nel calcio non sai soffrire non vai avanti. Voglio che la mie squadre sappiano giocare la palla quando sono in possesso, belle come se fossero in giacca e cravatta, e diventare brutte e cattive quando arriva il momento di rincorrere gli avversari per recuperarla.
Con tanti allenatori che ho avuto in passato mi sento per avere dei consigli e perché non si smette mai di imparare. Di certo voglio undici Biancolino in campo. Ecco, magari chiederò alle punte di spendersi anche in fase di non possesso come facevano i miei allenatori con me, anche se alla fine mi bastava mezza palla per buttarla dentro e si tollerava che difendessi un po’ di meno. Scherzi a parte, bisogna correre perché o hai un Maradona davanti o se non lo fai non vinci.
Zeman? Non è un mistero, non legai con lui, ma anni dopo mi prendo tutte le mie responsabilità, soprattutto ora che sono un allenatore e capisco cosa si pensa. Adesso che sono dall’altra parte della barricata capisco che è un ruolo molto bello ma anche molto difficile. Quando nell’estate del 2003 arrivò Zeman ad Avellino ero molto giovane. Un po’ ribelle. Non accolsi bene la sua metodologia, mi sentii sotto pressione, ma fu solo colpa mia. Oggi, quando rivedo Zeman, è sempre un piacere. Ho capito che mi ha insegnato tanto, dentro e fuori dal campo. Andai via, a Venezia. Fu una bella esperienza. Con un mio gol e uno di Babù firmammo una salvezza preziosa in uno spareggio passato alla storia, contro il Bari. Ci voleva quella parentesi. Mi sono rigenerato e sono tornato ad Avellino più forte di prima”.
Sul suo ritorno all'Avellino nel 2012: “Avevo sempre sperato di tornare in biancoverde. Era stato brutto lasciare la mia squadra così. Con il direttore De Vito il rapporto va oltre il campo: ha avuto il coraggio di riportarmi a casa dopo la parentesi a Salerno facendosi scivolare tutte le polemiche addosso. Ricordo la conferenza di presentazione: feci una promessa a lui e alla piazza, quella di vincere. Un’altra volta. Contro tutto e tutti. L’ho mantenuta. Dopo le promozioni contro Napoli e Foggia, nei playoff, abbiamo festeggiato la Serie B a Catanzaro senza passare dagli spareggi”.
Sul vivaio biancoverde: "Il progetto del vivaio va avanti da circa due anni. La società ha investito tanto. Operiamo in piena sintonia con il responsabile del settore giovanile Giuliano Capobianco, il coordinatore Nando De Napoli e in totale sinergia con il direttore sportivo Vincenzo De Vito, che ringrazio come il presidente Angelo Antonio D’Agostino e la sua famiglia per questa opportunità. Per avermi riportato a casa. Darò il massimo. L’obiettivo è portare quanti più giovani possibili in prima squadra come è già accaduto con Luca Stanzione e Mattia Tarcinale. Sogno di vedere qualcuno dei miei ragazzi giocare tra i professionisti”.
Autore: redazione TuttoAvellino / Twitter: @tuttoavellinoit
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