Dallo stop delle gare di calcio per contrastare la diffusione dell’epidemia di coronavirus a oggi, nei campionati della Lega Nazionale Dilettanti sono saltate oltre quarantacinquemila gare tenendo conto che in una stagione se ne disputano circa cinquecentocinquantamila. Numeri enormi come è grande il movimento dei tesserati del calcio dilettantistico italiano, uno dei più organizzati al mondo. Del resto, basti pensare che oltre un milione di calciatori (1.045.565) sono tesserati per club della Lnd, pari al 98 percento di tutti i calciatori presenti in Italia (ossia 1.057.000). Le attività della Lega Nazionale Dilettanti generano un movimento annuale a vantaggio dell’economia nazionale pari a 2,1 miliardi di euro fra consumi delle società, interventi nell’impiantistica e creazione di occupazione. Un contributo non indifferente al Prodotto interno lordo che giocoforza sarà in parte decurtato per lo stop forzato derivante dall’epidemia in corso. Nel prospetto economico vanno evidenziati anche gli ottocentododici milioni di euro quale valore stimato del volontariato sportivo in Italia, una delle colonne portanti sulla quale poggia l’attività del calcio dilettantistico. Qui cuore e passione vanno oltre le cifre. Migliaia di volti sconosciuti con il loro lavoro (gratuito) permettono che ogni benedetta domenica o nei giorni dettati dal calendario (calcistico) migliaia di squadre possano scendere in campo nelle migliori condizioni possibili. Adesso che è tutto fermo e il pallone non rimbalza, appare più chiara la sua assenza. In Italia, il venti per cento dei ragazzi tra i 5 e i 16 anni è tesserato per una società di calcio. Il “Sistema Calcio Lnd” si conferma come un pezzo del sistema “formativo” della società italiana, con responsabilità importanti per quanto riguarda l’educazione sia del fisico sia delle capacità relazionali delle persone coinvolte. Questo potrebbe significare che, qualora vi fosse un decremento del 30% da parte delle società, oltre duecentomila giovani rientranti nelle classi di età sopra citate potrebbero non avere una squadra nella quale giocare. Il che non è certo né bello né auspicabile in uno dei Paesi al mondo con una delle più importanti tradizioni calcistiche. Quattro stelle sulla maglia azzurra non sono arrivate per grazia ricevuta, ma frutto di oltre un secolo di attività nel football moderno. Chiamatela anche con parole semplici, ma c’è un algoritmo elaborato da Figc e Uefa, denominato “Social Return On Investment (SROI) Model”, che ha permesso di rappresentare i benefici derivanti dalla pratica calcistica di base e il conseguente impatto generato sul “Sistema Paese”, con l’obiettivo di indirizzare maggiormente gli investimenti a lungo termine e facilitare le partnership strategiche finalizzate alla crescita del calcio italiano. Lo studio, nello specifico, ha analizzato il rilevante impatto socio-economico di tutto il calcio italiano, che risulta pari nel 2018-19 a circa 3,01 miliardi di euro. Oltre all’analisi dello scenario attuale, il modello SROI ha permesso anche di stimare la legacy derivante da un potenziale investimento nel calcio di base, in termini di aumento di calciatori tesserati e conseguenti risvolti a livello socio-economico. In particolare, dall’analisi risulta che un investimento potenziale aggiuntivo pari a circa 549.000 euro potrebbe condurre a un aumento dei calciatori tesserati per la Lega Nazionale Dilettanti nell’ordine di 26.421 nuovi atleti registrati, con un impatto socio-economico aggiuntivo stimabile in 71,5 milioni di euro. Le cifre non hanno mai la bellezza della poesia o della letteratura, ma l’economia fa camminare il mondo.

Sezione: Calcio Minore / Data: Gio 26 marzo 2020 alle 13:36 / Fonte: Notiziario del calcio
Autore: Alfonso Marrazzo
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