Sembrava quasi un segno di resa quel "pensiamo a fare questo punto per salvarci" dichiarato da Rastelli qualche settimana fa. Ma come, un allenatore che era arrivato ad Avellino per riaffermarsi dopo alcune stagioni deludenti, deciso a non bruciare il passato glorioso vissuto sulla panchina biancoverde e convinto di poter guidare questo gruppo alla conquista dei playoff, che parla di salvezza? Soprattutto, in un momento in cui l'Avellino era a -1 dai playoff e a +5 sui playout? Evidentemente Rastelli si è accorto di qualcosa che si è rotto all'interno dello spogliatoio, si è accorto che questa squadra è ormai a pezzi, svuotata mentalmente e fisicamente, e temeva che potesse essere più pericolosa la zona playout, che vicina quella playoff.
Evidentemente il tecnico aveva ragione, visto che l'Avellino non riesce neanche a fare questo misero punto, è incappato nella terza sconfitta consecutiva, non vince dal 4-2 al Giugliano e prende gol da 13 partite consecutive. Qualcuno pensava ancora di poter arrivare ai playoff (obiettivo strano a dirsi matematicamente ancora possibile) ma lo dicevamo già in tempi non sospetti: a cosa serve andare a giocarsi degli spareggi promozione in queste condizioni? I fatti hanno purtroppo confermato la realtà: una squadra che non riesce a fare un punto neanche contro l'ultima in classifica, che non è ancora salva a 90 minuti dal termine, che ha accumulato record negativi su record negativi, come potrebbe mai pensare di poter andare avanti in una formula playoff così complicata? Meglio pensare a salvarsi subito e a pensare al più presto alla prossima stagione.
Il problema, tornando al discorso iniziale, è che questa squadra appare smarrita, impaurita, incapace di fare anche in minima parte quello che vorrebbe in campo. Qualcosa deve essersi rotto, dicevamo, se Rastelli si prende "solo" il 20% di responsabilità (perché pensiamo che la rettifica nell'ultima conferenza sappia solo di facciata) è perché vede che i suoi ragazzi non rispondono come dovrebbero e se anche lui, che ha accettato di guidare questo gruppo pur sapendo a cosa andava incontro, ora teme che il peggiore degli incubi, neanche preventivabile a inizio campionato, possa concretizzarsi.
L'Avellino non è ancora fuori dai playout, questo famoso punto potrebbe ancora farlo in casa contro il Monterosi domenica prossima, ma in caso di sconfitta potrebbe aprirsi il baratro. Certo, contemporaneamente il Messina dovrebbe vincere a Taranto o la Fidelis Andria non vincere a Latina, ma il fatto stesso che si teme che l'Avellino non possa battere in casa il Monterosi la dice tutta su quella che è stata una stagione da dimenticare. Una stagione in cui l'allenatore non si sente il responsabile principale, e lo ha ribadito anche ieri a fine partita: "Non mi dimetto, so come lavoro e cosa potrebbe dare la squadra, resterò l'allenatore dell'Avellino finché la società vorrà". Si ripartirà quindi da lui, a meno che la società non voglia prendere altre strade accollandosi un altro ingaggio pesante, a questo punto speriamo almeno con altri interpreti in campo, viene da dire. Se nessuno riesce a mettere in campo quel carattere quantomeno necessario a salvarsi, se non ha più la testa, se si è smembrato un gruppo, è inevitabile che un'altra mini rivoluzione sia necessaria. Con tutti i rischi che abbiamo già visto la scorsa estate. Ma tant'è, difficile parlare di programmazione in queste condizioni, si ripartirà comunque da uno zoccolo duro (l'Avellino si ritroverà al 1 luglio con una trentina di tesserati), attorno al quale riprovare, ancora una volta, a costruire una rosa competitiva.
Autore: Domenico Fabbricini / Twitter: @Dfabbricini
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