Daniele Ferretti è stato ospite in collegamento con PrimaTivvù. L'attaccante biancoverde ha raccontato la sua quarantena, il suo passato e il sogno nel cassetto: "Siamo in casa, io e la mia famiglia stiamo bene. Facciamo il tifo per i medici, affinchè possiamo presto tornare alla normalità, apprezzando le cose che prima davamo per scontato. Mi sto allenando, per fortuna ho con me tutta l'attrezzatura per farmi trovare pronto in caso di ripresa. Non c'è nulla di certo, siamo in attesa e non ci resta che sperare. Ho fatto tanta gavetta per arrivare nei professionisti, in B ci sono arrivato solo l'anno scorso, a 33 anni. Nessuno mi ha regalato nulla, ma sono arrivato dove sono vincendo campionati sul campo. Sono partito dal basso, ho fatto tanti sacrifici. L'ultimo anno delle giovanili l'ho trascorso proprio ad Avellino, a 17 anni quindi ho giocato cinque anni in Eccellenza, ho vinto un campionato con la Civitanovese e sono approdato in Serie C con il Mezzocorona. Ho giocato una decina di anni in C, poi l'anno scorso ho vinto il campionato a Trapani e sono riuscito a debuttare in Serie B. Ne vado fiero, anche se è durata poco. Ad Avellino ho avuto Silvio Paolucci come allenatore, giocavamo con il 4-3-3 come la prima squadra allenata da Zeman. Lì ho conosciuto Daniele Cinelli, che ho avuto modo di riabbracciare dopo 16 anni. L'allenatore più bravo e preparato che ho avuto è Vincenzo Italiano, ma non dimentico Osvaldo Jaconi, per me è stato come un padre. Mister Capuano nelle difficoltà tira fuori il meglio di sé e i nostri risultati lo dimostrano nonostante i problemi societari che abbiamo avuto. Ci ha tenuto lontano dai problemi facendoci concentrare sulle situazioni di campo. Quello che pensa, lo dice. A volte ci fa sorridere per il suo modo di fare, ma va sempre preso sul serio. Quando ho ricevuto la chiamata dell'Avellino a gennaio non ci ho pensato su due volte, perché ricordavo la mia esperienza qui 16 anni fa, il Partenio pieno che faceva emozionare. Il mio sogno è portare l'Avellino in Serie B, perché l'anno scorso dopo la vittoria con il Trapani la gente mi fermava in strada ringraziandomi. E non c'è gratificazione più grande per un calciatore. La maglia numero 10? Erano rimaste libere quella e la 30, mio figlio ha detto prendi il 10 e l'ho fatto. Sono fiero e orgoglioso di avere un altro anno di contratto, anche se al momento non abbiamo certezza del futuro. La visita di D'Agostino a Bari? Non c'è lo aspettavamo, ma dentro di noi c'era sicuramente serenità. Io non ho vissuto tanto le difficoltà che c'erano prima, ma i miei compagni si. Questa è una proprietà forte, è gente seria che vive di lavoro e ha il biancoverde nel sangue. Vogliono portare l'Avellino in alto. Noi ai playoff potremmo essere una squadra fastidiosa, perché siamo forti. Però farlo da decima, nona o ottava è molto difficile. Parisi? È un 2000 e ha già vinto un campionato di D, è molto più di un calciatore forte, è un ragazzo in gamba che sa stare in uno spogliatoio e lo apprezzo molto. Al di là delle qualità, gioca spensierato, libero mentalmente, farà molta strada ne sono certo. Io fisicamente sto bene, prima della sosta ero entrato in forma. In passato ho avuto problemi cardiaci, sono stato fuori a lungo e ci ho messo un po' a tornare in forma. Ora non vedo l'ora di vedere quello stadio pieno".
Sezione: Copertina / Data: Dom 19 aprile 2020 alle 11:55
Autore: redazione TuttoAvellino / Twitter: @tuttoavellinoit
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