Massimo Rastelli è stato il protagonista di IntervInstagram, su Prima Tivvù, parlando dei suoi ricordi e del suo passato e presente. "Come tutti i professionisti guardo tante partite, mi aggiorno, leggo, rivedo un po' di appunti per farmi trovare pronto se arrivasse una chiamata. Il calcio è in continua evoluzione, figlio dei tempi. Con i social un'amplificazione di quello che si fa, dell'immagine, è tutto molto diretto e veloce. Prima dovevi sudare tanto per metterti in mostra e fare una lunga gavetta, adesso la sensazione è che negli ultimi 20 minuti sia diventato un po' più semplice arrivare, e a volte non si arriva pronti e si ricade altrettanto velocemente. I ragazzi della mia generazione sono cresciuti per strada e là imparavi molte cose, senza preparatori o istruttori. Astuzie, qualità tecniche, le imparavi in strada con il pallone tra i piedi dalla mattina alla sera. Oggi i ragazzi vanno alle scuole calcio, un'oretta 2-3 volte la settimana, poi studio e telefonini, videogiochi e il pallone lo usano poco. Quel tempo speso con il pallone tra i piedi ha creato dei calciatori tecnicamente e dal punto di vista temperamentale più formati.
Io ho fatto una lunga gavetta, ho giocato in Terza Categoria, in Prima, sono stato a Solofra, a Quindici, ho fatto la serie D, campionati formativi perché affrontavi giocatori di esperienza, di qualità, campi difficilissimi, io col Solofra facevo il campionato campano-calabro, si andava su campi infuocati e dovevi avere un grande carattere. Era un calcio più rude, ora si ammonisce al primo fallo. Sono orgoglioso delle mie origini che mi hanno portato fino alla serie A.
L'ho detto già tre mesi fa, l'Avellino ha un allenatore capace, di esperienza, abituato a vincere in questi campionati. Ha avuto qualche difficoltà iniziale per il completamento dell'organico, poi il Covid, quando poi Braglia ha avuto tutti a disposizione più i correttivi di gennaio ha trovato la sua fisionomia recuperando fino al secondo posto. La Ternana sta facendo un campionato a sé, una schiacciasassi che vince facile, st provando da anni ad andare in B, per le altre ci sono i playoff in cui può succedere di tutto. Ogni campionato ha le sue difficoltà, la C per me è il più difficile da vincere perché devi avere giocatori di categoria di esperienza, qualità, personalità, ma anche giovani bravi, che abbiano fame, questo giusto mix ti porta poi a creare un organico che possa vincere il campionato. Può capitare che un giocatore di categoria superiore scendendo in C non abbia la mentalità giusta, se pensi di poter scendere in C dopo tanti anni di A e trovare il tappeto rosso ti sbagli. E poi avere continuità di risultati, cercando di vincere il più possibile.
Maniero non l'ho visto giocare perché non guardo le partite di C quest'anno, posso solo dire che è un grande attaccante che però negli ultimi anni ha avuto una serie di contrattempi fisici o di interferenze con gli allenatori, sposare un progetto ambizioso come quello di Avellino dovendo rimettersi in gioco gli crea bisogno di tempo, credo possa ancora dare qualcosa in più che non è riuscito a dare finora. Se c'è da parte di tutti la consapevolezza di poter sfruttare la pausa per rifiatare, curare aspetti che non puoi curare con tante partite ravvicinate, la sosta può diventare salutare. Se invece viene presa solo come vacanza per staccare la spina, potrebbe diventare difficile riattaccarla. Dipende dall'atteggiamento dei giocatori e dello staff, ma noi allenatori non stacchiamo mai la spina.
Si riprende con Catanzaro-Avellino, per me è stata la prima squadra da professionista quella calabrese, mi presero dal Solofra con Gianni Improta che mi vide e mi acquistò. Catanzaro è stato anche il campo che ci ha portato in B con l'Avellino, abbiamo centrato subito un obiettivo da raggiungere entro due anni. Ricordo la curva piena, la gioia dei tifosi che ci hanno raggiunto, senza dimenticare l'accoglienza a notte fonda al Partenio. La traversa di Castaldo a Bologna? Noi facemmo un grande playoff, una partita straordinaria a Spezia in dieci, nei supplementari trovammo il 2-1 con Comi, fu una mezza impresa. Contro il Bologna facemmo due ottime gare, perdemmo immeritatamente al Partenio con un solo tiro in porta in fuorigioco di Sansone, nel ritorno non avevamo niente da perdere, riuscimmo sempre a restare in vantaggio restando sul filo della qualificazione, dopo il pareggio rocambolesco del Bologna il gol di Kone ci portò sul 3-2. Facemmo di tutto per dare una gioia ai tifosi ma il desiderio si è infranto su quella maledetta traversa. Se fossimo passati credo che quella vittoria ci avrebbe dato lo slancio per vincere anche la finale. La cosa strana è che si parla di quella partita come fosse una finale anche se era il passo precedente, noi eravamo una squadra difficile da affrontare, di qualità, che aveva gamba e organizzazione e che purtroppo in un campionato molto lungo, nei momenti topici avere avuto qualche risorsa in più a livello di rosa e che potesse aumentare il livello qualitativo ci avrebbe permesso di ambire a qualcosa in più.
Ci sono tanti allenatori che stimo, vedo Conte molto vicino al mio modo di essere con le dovute proporzioni, mi piace molto Pioli per la sua signorilità, e una parte di me si rivede in Allegri, un allenatore molto pratico che sa di dover raggiungere il risultato e varia uomini, principi e moduli in base alle situazioni. Credo che noi allenatori non dobbiamo fossilizzarci con una sola idea di gioco, ma cambiare sempre. In Italia stanno venendo fuori tanti talenti interessanti, credo non sia solo questione di età perché se un ragazzo è bravo un allenatore lo fa giocare, è chiaro che siamo in un Paese dove purtroppo il risultato è condizionante e devi raggiungerlo subito. Non hai il tempo di sbagliare e questo a volte ci frena nel gettare nella mischia giovani talentuosi, c'è sempre il timore che si possa perdere qualcosa. Per me se uno è bravo gioca, anche ad Avellino ho fatto giocare tanti giovani sfruttando anche la bravura di Enzo de Vito che portava tanti ragazzi sconosciuti e lavorandoci diventavano dei piccoli gioiellini, pensiamo a Izzo e Zappacosta, il compito dell'allenatore è lavorarci e farli crescere.
Tornando a questo campionato, Bari e Avellino possono giocarsi il secondo posto; Catanzaro e Catania sono attrezzate ma le vedo meno continue e quindi più indietro. Chiamate dalla C? Ne ho avute ma non intendo scendere di categoria per il percorso che ho fatto, non avrei le motivazioni giuste".
Autore: Domenico Fabbricini / Twitter: @Dfabbricini
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