Non tutti lo sanno, ma il match analyst del settore giovanile del Grasshopper, squadra della serie A svizzera, ha origini irpine. Si chiama Rocco Pagnotta, ha solo 26 anni e qualche tempo fa anche il portale Gianlucadimarzio.com gli ha dedicato un servizio per raccontare il lavoro del match analyst (https://gianlucadimarzio.com/it/foto-analizza-oltre-100-gare-al-mese-i-segreti-di-pagnotta-video-analyst-grasshopper-cosi-la-tecnologia-aiuta-a-scoprire-un-tale), una realtà all'estero ma ancora non tanto diffuso in Italia. Nato da genitori irpini, emigrati in Svizzera negli anni 80 dopo il terremoto che distrusse l'Irpinia, Rocco è nato e cresciuto a Zurigo, ma si sente irpino dentro, e spesso e volentieri torna a Morra de Sanctis, paese dei suoi genitori, dove ha amici e parenti che lo fanno sentire a casa.
In questo momento triste per il calcio irpino ha voluto rilasciare ai microfoni di TuttoAvellino.it le sue impressioni sulla squadra del suo cuore: “In Italia ho due squadre – ci ha raccontato -: la Juve, che seguo però senza particolare accanimento, e l'Avellino che è la mia grande passione. Spesso sono andato a vedere la squadra dal vivo anche nel ritiro di Sturno, trovandomi in vacanza in Irpinia, e da lontano cerco di seguire le partite come posso, anche attraverso i match televisivi”.
Ma in cosa consiste il lavoro del match analyst? “Io ho iniziato come allenatore in una squadra provinciale: tre anni fa ho avuto l'opportunità di lavorare per il Grasshopper dove, dopo un anno da assistente nell'Under 14, ho cominciato a sviluppare la passione per la tattica e a fare da match analyst per il settore giovanile, ruolo che ricopro attualmente. Il mio ruolo consiste nel guardare tante partite, cercare di capire cosa la squadra fa bene e cosa meno dal punto di vista tattico e preparare il report per l'allenatore. A volte si analizzano anche i match avversari per preparare le proprie tattiche sulle base degli avversari”.
Ma torniamo all'Avellino: “E' una vera passione pur essendo nato in Svizzera, a volte sono riuscito ad andare a vederlo anche al Partenio: è la mia terra, le mie origini, il mio tutto. Ovvio che quindi le recenti vicende mi hanno intristito molto, non so se prenderla coma una congiura contro la squadra o pura 'ignoranza' dei dirigenti che hanno portato a questo. Leggo che gli stipendi arrivavano e non arrivavano, magari c'erano dei problemi economici e si è deciso di 'farla finita' in questo modo. Altrimenti dovrei solo pensare che si tratta di gente incompetente che ha combinato un pasticcio, ma mi viene difficile da pensarlo dopo nove anni di gestione e risultati raggiunti sul campo. E' il loro lavoro, come si può sbagliare un'iscrizione al campionato?
E ora si riparte dalla D, non conosco De Cesare e non voglio esprimermi, lo farò tra un paio di mesi quando vedrò i primi passi del suo progetto e i risultati conseguiti. Certo quando ho letto di Preziosi mi si è aperto il cuore, sarebbe stata una cosa fantastica, ma va bene così, l'importante è che ci sia gente che fa fatti, non chiacchiere, perché ora servono i fatti. Bisogna valorizzare il settore giovanile, dare una struttura di calcio pulita, sana, non bisogna perdere la fiamma di questa piazza appassionata perché Avellino ha una tifoseria fantastica. Ripartiamo dai nostri punti di forza per puntare in alto. Il sogno è la serie A, ma la B è il minimo che compete a una piazza come Avellino”.
Ma Rocco Pagnotta ha mai avuto contatti professionali con l'Avellino? “No, ho sempre seguito la squadra da tifoso, mi sono anche immaginato come avrei reagito in caso di chiamata vista la distanza, la vita che mi sono costruito in Svizzera, non so se avrei accettato. Ma adesso, se potessi fare qualcosa per aiutare la mia squadra, accetterei. Mi piacerebbe dare una mano, anche a distanza, il modo si trova. Voglio aiutare l'Avellino a tornare in alto e se dovessero chiamarmi accetterei con entusiasmo”.
Autore: Domenico Fabbricini / Twitter: @Dfabbricini
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