SuperNews ha intervistato Dario Levanto, ex centrocampista di Avellino, Latina e Lecce, squadra che nei suoi anni di gioco, nella stagione 1984-1985, fu promossa in Serie A. 
La passione per il calcio
"Prima la passione per il calcio nasceva principalmente in strada. Penso che tutti, da piccoli, almeno una volta abbiamo giocato a calcio per strada. Oggi i tempi sono cambiati, sempre più raramente si vedono bambini giocare come giocavamo noi".
Sul centrocampista più completo
"Sono diversi i fattori da tenere in considerazione. Ci sono centrocampisti più capaci da un punto di vista tecnico, chi da un punto di vista fisico, atletico, ecc. Credo che, al momento, Sandro Tonali del Brescia sia uno dei più completi in questo ruolo: è un centrale con ottime qualità tecniche, fa molto bene sia davanti la difesa sia dietro le punte".
Sulla promozione del Lecce in Serie A nell’annata 1984/1985
"Ho vissuto a Lecce anche gli anni prima della promozione. Quello che ricordo è la grande unione del gruppo. Eravamo grandi amici, una vera famiglia. Quello giallorosso era un ambiente che legava e teneva insieme tifosi, società, calciatori. Era un ambiente diverso rispetto a quello attuale, c'erano dei legami molti forti, che prescindevano dalla sola carriera calcistica".
L’esperienza nell’Avellino.
"Ho avuto un buon allenatore, Francesco Oddo, papà dell'ex calciatore Massimo. Inoltre, con me era in squadra anche Miggiano, compagno di squadra anche nel Lecce. Ho dei bei ricordi dell'esperienza ad Avellino".
Il trasferimento al Latina.
"Mi ha chiamato un mio vecchio allenatore, proponendomi di giocare per il Latina. Anche se sentivo di essere arrivato alla fine della mia carriera, volevo giocare e mettermi ancora in discussione. A Latina sono rimasto per quattro anni, ho anche allenato nel 2006. Quando giocavo, ho avuto il piacere di essere allenato da Santin. Sono stati anni bellissimi".
Il gol più importante
"Nell'88-89, il gol al Messina che diede al Lecce la matematica promozione in Serie A".
La carriera da allenatore
"Credo che ci siano persone più portate ad allenare rispetto ad altre. Io mi sentivo portato per farlo, mi piaceva molto. La passione per questo sport mi ha spinto ad iniziare questa nuova avventura, anche se non semplice, dal momento che quando sei allenatore hai a che fare con tante teste diverse. Inoltre, è cambiato l'atteggiamento dei calciatori nei confronti dell'allenatore: prima si dava piena fiducia al proprio mister, oggi invece ci si deve confrontare con problematiche, nuove e diverse fra loro, che spesso ostacolano un rapporto di questo tipo".

Sezione: Ex biancoverdi / Data: Lun 29 giugno 2020 alle 10:46
Autore: redazione TuttoAvellino / Twitter: @tuttoavellinoit
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