Tra il 1978 e il 1988 l’Avellino scrisse la pagina più importante della sua storia, conquistando la permanenza in Serie A per dieci stagioni consecutive. Un risultato straordinario, che diede alla provincia irpina una visibilità mai avuta prima. In quegli anni il club biancoverde riuscì a competere con realtà ben più blasonate, garantendo ai suoi tifosi il privilegio di vedere ogni domenica i migliori giocatori del campionato. Nonostante la qualificazione in Serie B e l'ottimo mercato estivo, la Serie A rimane un sogno lontano ma i tifosi continuano a seguire la squadra con grande passione. In più, per ricercare un brivido o un motivo in più per guardare queste partite, c’è chi si affida alle scommesse: in questo contesto trovano spazio le quote maggiorate su codicipromozionali365.it, un’occasione per puntare non solo sul calcio ma su diversi eventi sportivi, con quotazioni più alte e la possibilità di ottenere vincite maggiori rispetto alle normali quote presenti sul mercato. Vincere una schedina non sarà emozionante come rivedere l'Avellino in Serie A, ma può regalare lo stesso una bella soddisfazione.
Il Partenio come fortino
Il vecchio Stadio Partenio, oggi ribattezzato Partenio - Adriano Lombardi e tornato finalmente all’Avellino almeno come campo di allenamento, divenne in quel decennio il cuore pulsante delle imprese biancoverdi. Per le grandi del calcio italiano non era mai semplice uscire indenni da Avellino: tra le mura amiche i lupi costruirono gran parte delle salvezze, conquistando vittorie che ancora oggi restano nella memoria collettiva. Sconfiggere Juventus, Inter e Milan non era un’impresa impossibile: spesso, grazie alla spinta del pubblico, il piccolo club campano riusciva a ribaltare i pronostici. Quelle giornate restano il simbolo di un calcio che sapeva regalare sorprese, dove la forza del gruppo e l’orgoglio della tifoseria potevano compensare le differenze tecniche con gli avversari.
I protagonisti e gli aneddoti
Accanto ai risultati, ci furono anche i protagonisti che segnarono la storia di quel ciclo. Juary è stato il primo straniero della storia della formazione irpina. Con la sua corsa sotto la curva e le celebri capriole dopo ogni gol, divenne un’icona non solo per l’Avellino ma per tutto il calcio italiano. Barbadillo portò fantasia e giocate di qualità, incarnando la passione sudamericana che tanto sapeva accendere gli spalti. Dirceu, nazionale brasiliano, mise al servizio della squadra un mancino raffinato e una visione di gioco che rendeva l’Avellino competitivo anche contro avversari di primissimo livello. A loro si unirono tanti altri giocatori che, pur non avendo fama internazionale, contribuirono con carattere e dedizione a scrivere un capitolo che ancora oggi viene ricordato con orgoglio.
L’orgoglio di un’intera provincia
L’Avellino degli anni ’80 non è stata solo una squadra di calcio, ma un simbolo di riscatto sociale e culturale. In un decennio segnato da difficoltà economiche e dal dramma del terremoto del 1980, il club seppe unire un territorio e restituirgli dignità e visibilità a livello nazionale. Le imprese dei biancoverdi davano voce a un’intera comunità, trasformando ogni partita in un momento di condivisione e orgoglio collettivo. La Serie A ad Avellino non fu soltanto sport: fu identità, appartenenza e la dimostrazione che anche una piccola provincia poteva competere con i grandi. Quelle dieci stagioni restano il ricordo di un’epoca irripetibile, capace di incidere profondamente nel cuore dei tifosi e di lasciare un segno nella storia del calcio italiano.
La squadra biancoverde oggi ha il compito di tornare a far sognare una piazza così importante per il calcio italiano e provare a riportarla ai fasti di un tempo.
Autore: redazione TuttoAvellino / Twitter: @tuttoavellinoit
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