E' uno dei pochissimi calciatori ad aver vestito la maglia della 'vecchia' e 'nuova' Avellino, in una carriera, quella biancoverde, dove ha conosciuto gioie e dolori, dove è stato 'amato' e 'odiato' dalla tifoseria biancoverde. Ciccio Millesi è stato sempre uno dei protagonisti della storia dell'Avellino Calcio. Scaduto il contratto con la squadra irpina, che lo teneva legato ai lupi fino al 30 giugno, lo abbiamo raggiunto telefonicamente nella sua 'Catania', la città che gli ha dato i natali e si è concesso con simpatia ai microfoni di TuttoAvellino.it in esclusiva.
Sei andato via da Avellino improvvisamente, vuoi spiegare i motivi ai tifosi avellinese: «Ho dovuto anticipare il mio rientro, sempre con il consenso della società e dell’allenatore, per stare vicino a mia moglie che aveva un problema di salute. Ho avuto il consenso di tutti e per questo ancora oggi li ringrazio di cuore visto che sono più sereno mentalmente».
Nell’ultima partita di Padova, l’Avellino ha disputato una delle più brutte gare di tutto il campionato. I tifosi sono rimasti molto delusi della prestazione della squadra soprattutto dopo aver visto i risultati delle avversarie in corsa per i play off: «Ho visto la partita in tv e posso dire che i primi ad essere rimasti delusi sono stati i miei compagni. I play off sarebbero stati il giusto premio per l’allenatore e tutti noi per il campionato disputato. Guardando poi i risultati l’amarezza è aumentata, però questa squadra ha regalato tante emozioni facendo sognare fino all’ultima giornata, per cui va applaudita».
Millesi dal 1° luglio è libero: «Lo sapevo già dallo scorso anno che non mi sarebbe stato rinnovato con l’Avellino. Perché dopo la vittoria del campionato non arrivando il rinnovo, si è capito che il contratto sarebbe andato a scadenza. Non ho avuto nessun problema al riguardo, mi sono messo a disposizione della squadra e dell’allenatore. L’unica amarezza che mi rimane, dopo i quattro anni di permanenza ad Avellino, è quella di non aver mai giocato nel mio ruolo, mi sono sempre messo a disposizione della squadra e alla fine questo paga. Nel calcio contano i numeri. L’unica amarezza che ho, ripeto, è quella di non essere stato il Millesi che tutti conoscevano e in tanti questo non l’hanno capito ecco perché alla fine arrivava sempre qualche fischio o insulto di troppo. Però al di là di questo, posso camminare a testa alta perché ho sempre lottato per la maglia».
L’Avellino ha disputato un gran bel girone d’andata, non esaltane, invece, quello di ritorno. Sarebbe stato meglio l’inverso. Facile dirsi dopo: «Conoscendo la piazza, la fama di calcio e gli individui avellinesi che girano intorno al calcio, è stato meglio partire bene all’inizio perché ci siamo costruiti la salvezza che l’Avellino non ha mai avuto in B. Se nel girone d’andata avessimo fatto pochi punti, come è successo poi realmente nel girone di ritorno, ci avrebbero calpestati e nessuno ci avrebbe dato una mano per paura del Sali e scendi come era avvenuto negli anni precedenti. E' stato meglio farli subito coscienti anche che ci sarebbe stato un calo proprio perché partiti troppo forti. Bisogna poi tener conto che le altre squadre si sono rafforzate e hanno cominciato a correre. La serie B è così, solo chi la conosce sa delle difficoltà. Sono contento per come è andata all’inizio perché con i punti conquistati ci siamo costruiti la salvezza».
Puntare solo su 14-15 calciatori probabilmente è stato l’unico errore dello scorso anno: «E’ stata l’unica pecca di questa squadra. Nel senso che la società è stata attenta a costruire la squadra con due giocatori per ruolo, ma si è scontrata con un campionante devastante e logorante. L’Avellino non aveva bisogno di 13-14 elementi, ma almeno di 20 calciatori. Purtroppo sono venuti a mancare alcuni uomini: chi non si è ambientato, chi ha avuto infortuni, chi ha mollato mentalmente perché credeva di poter fare 40 partite e, invece, purtroppo, non è stato così. Alla fine ci siamo rimboccati le maniche tutti soprattutto il sottoscritto, anche se alcune persone preferiscono non nominarmi, ma Millesi ha ricoperto un ruolo non suo giocando da difensore, ma ha sempre dato il suo contributo alla squadra. Per cui credo che questa squadra se avesse avuto dei ricambi, avrebbe fatto parlare di se per ben altro».
Il momento più bello vissuto sarà stato sicuramente la promozione in B. Quello più brutto forse il confronto con la tifoseria dopo la gara contro il Cittadella: «L'incontro con i tifosi non è stato un momento brutto visto che ne ho passati di peggiori ad Avellino negli anni della retrocessione. Ho avuto un confronto con la tifoseria come giusto che sia anche se poi ho letto che un mio amico, Iannuzzi, sosteneva che dovevo essere messo fuori rosa. Penso che un capitano è anche quello. Se abbassi sempre la testa e dici sempre sissignore, le cose non vanno avanti. Vale per i tifosi, per la società, per la squadra. Una persona che conosce l’ambiente come me visto che sono arrivato ad Avellino nel 2003 non può dire sempre sì o no anche perché ognuno deve interpretare il proprio ruolo. Ci sono dei ruoli nel calcio che sono fondamentali e in questo la Juve fa scuola. Tifosi, società, calciatori ognuno per la sua parte devono interpretare il ruolo che gli compete. Se, invece, ognuno vuole sostituirsi all’altro viene a mancare quello che è il proprio lavoro. Se si riesce a capire questo concetto e a maturare da questo punto di vista, credo che l’Avellino possa fare grandi cose».
I leader hanno tanti amici, ma anche tanti nemici. Ciccio Millesi però li saluta entrambi: «Io ho solo amici. Se c’è qualche nemico alle spalle non lo so, in tutti gli ambienti c’è. Preferisco mantenere dei buoni contatti salutando tutti e augurando tante belle cose a tutti».
In bocca al lupo Ciccio e... grazie di tutto, grazie per aver vestito la casacca biancoverde, nel bene e nel male, nella vittoria e nella sconfitta.
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