E' un Avellino che perde i cocci, frammentato al suo interno e con nubi nerissime all'orizzonte quello che ha collezionato contro il Bari la seconda sconfitta consecutiva in casa in quattro giorni. L'Avellino non vince dal 24 febbraio quando superò 2-1 il Novara. Da allora solo pareggi e sconfitte. E pensare che si parlava di un Avellino ritrovato e di un carattere da Lupi dopo i pareggi con Empoli e Pescara, invece sembra che anche nel girone di ritorno il derby abbia lasciato il segno nella mente dei calciatori. O probabilmente, l'Avellino ha continuato a disputare un campionato mediocre visto che nell'intero girone di ritorno, come si diceva, ha vinto solo due volte, a Brescia e contro il Novara.
Ma sono tanti i cocci che si stanno distaccando da questa squadra e che vanno analizzati: la sterilità offensiva, la fragilità difensiva, le scelte di Novellino, il gesto di Ardemagni... Tanti segnali di una squadra che si sta disgregando e con alle spalle una società in fase di smantellamento, visto che Taccone è in procinto di passare la mano ai Gravina anche se questi ultimi continuano a tentennare e a rimandare la definizione dell'acquisto. E il risultato di tutta questa instabilità si proietta in campo. Contro il Bari l'Avellino ha registrato nuovamente il dato più basso di occasioni offensive: un tiro verso lo specchio (che fortunatamente ha portato al gol del vantaggio) e due tiri fuori. Contro i 7 tiri in porta del Bari e i 14 fuori. Una differenza abissale sottolineata anche da Fabio Grosso, che ha ragione a dire che il vantaggio irpino non proiettava i giusti meriti del primo tempo, e che continuando così il Bari avrebbe vinto, come poi è stato. Ha ragione anche Novellino a dire che l'Avellino si è espresso bene nel primo tempo perché, pur creando poco, l'Avellino si è disimpegnato bene in campo mettendoci cuore e grinta, ma alla lunga è calato e ha lasciato il campo ai Galletti, che hanno sfiorato il gol a più riprese anche prima del pari.
Ci si interroga anche su alcune scelte tecniche: perché tenere fuori finora un giocatore come Vajushi, che oggi ha fatto la differenza prima di uscire stravolto? Novellino ha detto che non era in condizione, ma come oggi ha giocato bene per circa un'ora avrebbe potuto lentamente essere inserito in squadra prima prima. Perché tenere in panchina Castaldo per inserire un Ardemagni che non ne indovina una da settimane, e che uscendo si permette anche il lusso di fare il gesto della corna ai tifosi? Piccola parentesi, in casi come questi la società farebbe bene a multare il giocatore e l'attaccante dovrebbe quantomeno scusarsi per un gesto immotivato e grave. E ancora, perché tenere in campo Moretti che non ha mai dato la scossa alla squadra? Risultato, calo fisico generale e sconfitta.
Novellino ha ammesso le sue responsabilità a fine gara ma non si è dimesso come forse ci si sarebbe aspettati, "ho una dignità e da questo momento si esce solo lavorando" ha spiegato. Evidentemente il tecnico sente che i risultati non sono pienamente colpa sua, d'altronde se ripete a ogni partita che sono pesati i tanti infortuni in questa stagione pensa che le colpe sono da addebitare anche alla sfortuna, come il gol al 91' arrivato oggi. Ma è anche vero che l'Avellino deve salvarsi anche contro infortunati ed episodi sfortunati. Da queste colonne abbiamo sempre difeso l'operato del tecnico anche nei periodi di mare in burrasca, ma è innegabile a questo punto farsi un esame di coscienza e che Novellino capisca che, se la barca affonda, è sempre il capitano ad assumersi le responsabilità di quello che sta accadendo. La società non lo ha esonerato, anche perché vorrebbe dire accollarsi un altro costo in questo momento della stagione e con la questione societaria di cui sopra in gioco, e quindi si va avanti così, sperando che la classifica, oggi nera ma non nerissima con i Lupi a un punto dalla zona playout, non precipiti ulteriormente.
Periodo di fuoco si prevedeva e periodo di fuori è stato, zero punti in due partite, e non è finita perché lunedì arriva il Perugia, terza partita in casa che conclude un ciclo di fuoco e, fin qui, di sangue.
Autore: Domenico Fabbricini / Twitter: @Dfabbricini
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