L'Unione Sportiva Avellino ha vissuto un periodo di particolare rilievo nel calcio italiano, militando in Serie A per dieci stagioni consecutive, dal 1978-1979 al 1987-1988. Questo decennio rappresenta un capitolo significativo (e glorioso) nella storia del club irpino, caratterizzato da sfide avvincenti, giocatori di talento e una forte identità calcistica. Tutti elementi che appaiono come un piacevole ricordo dal momento che i Lupi oggi militano in Serie C e a guardare i pronostici sul calcio di oggi le possibilità di un ritorno ai vecchi fasti sono molto risicate, al contrario di quanto è invece accaduto negli anni '80. Circa 40 anni si passò dalla storica promozione ad una permanenza piuttosto lunga nel massimo campionato italiano, dimostrando anche una grande progettualità societaria.
La storica promozione risale alla stagione 1977-1978, l'Avellino, guidato dall'allenatore Paolo Carosi: la compagine irpina non aveva mai raggiunto la massima divisione del calcio italiano. Questo traguardo segnò l'inizio di un'era memorabile per la squadra e i suoi tifosi. L'esordio in Serie A arrivò perciò nella stagione 1978-1979: nonostante le difficoltà iniziali tipiche di una neopromossa, la squadra riuscì a mantenere la categoria, dimostrando determinazione e capacità di adattamento al livello superiore.
Durante gli anni Ottanta, l'Avellino consolidò la propria presenza in Serie A, ottenendo risultati significativi. La squadra divenne nota per la sua solidità difensiva e per la capacità di mettere in difficoltà anche le formazioni più blasonate del campionato. Uno dei momenti più alti fu raggiunto nella stagione 1986-1987, quando l'Avellino conquistò l'ottavo posto in classifica, il miglior piazzamento nella sua storia in Serie A.
Lo stadio Partenio divenne un vero e proprio fortino per l'Avellino. La squadra costruì gran parte dei suoi successi casalinghi grazie al supporto caloroso dei tifosi e a prestazioni di alto livello. La "legge del Partenio" era temuta da molte squadre avversarie, che spesso faticavano a ottenere punti sul campo irpino. Il gioco di squadra era uno degli elementi chiave del club, ma è indubbio che diversi calciatori si distinsero in questo periodo, diventando simboli dell'Avellino. Tra questi, Juary, noto per le sue esultanze danzanti dopo i gol, Barbadillo e il talentuoso brasiliano Dirceu. Questi giocatori, insieme ad altri, contribuirono a scrivere pagine importanti nella storia del club.
Un primo intoppo in questi anni brillanti dal punto di vista calcistico si ha durante la stagione 1980-1981. La compagine, infatti, subì una penalizzazione (-5 punti) a conclusione di una vicenda legata al calcio scommesse, il primo scandalo che macchiò il calcio italiano. Il club biancoverde riuscì però a mantenere la categoria all’ultima giornata, con un pareggio contro la Roma. Quell’anno, inoltre, ha segnato indelebilmente la storia del territorio, sconvolto dal terremoto del 23 novembre, che ebbe un impatto devastante per tutta l’area e, di conseguenza, anche le imprese calcistiche passarono in secondo piano.
La stagione 1987-1988 segnò la conclusione del decennio d'oro dell'Avellino in Serie A. Al termine di quella annata, infatti, la squadra retrocesse in Serie B, chiudendo un capitolo indimenticabile per la società e i suoi sostenitori. Nonostante il cambio di categoria e il conseguente declino della società, che ha attraversato diversi fallimenti e contestuali rinascite, il decennio trascorso in Serie A rimane un periodo di grande orgoglio per l'Avellino e i suoi tifosi. Le imprese di quegli anni sono ancora vive nella memoria collettiva, rappresentando un esempio di passione, determinazione e amore per il calcio.
Autore: redazione TuttoAvellino / Twitter: @tuttoavellinoit
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