Quando il 13 giugno di un anno fa fece capolino per la prima volta al Partenio-Lombardi, per la presentazione di rito a stampa e tifosi, Attilio Tesser già sapeva che ad Avellino avrebbe lasciato una parte del suo cuore. Sapeva, probabilmente, anche quello a cui sarebbe andato incontro. L’Avellino era reduce da una stagione esaltante, da un campionato regolare chiuso all’ottavo posto e da una corsa play off interrotta appena undici giorni prima, sulla traversa del Dall’Ara di Bologna colpita da Gigi Castaldo. Su quel legno della porta difesa dal brasiliano Da Costa si erano infranti i sogni promozione dei biancoverdi. Da quella traversa si genera il caos, fuoco sotto la cenere divampato all’improvviso il 9 giugno, con l’addio di Massimo Rastelli. L’Avellino si ritrovò senza il suo condottiero, artefice della promozione in Serie B e di due stagioni vissute, dopo anni di patemi e retrocessioni immediate, senza l’assillo di doversi per forza guardarsi alle spalle. Un allenatore vincente, ma mai pienamente apprezzato da una piazza che ancora oggi, a un anno di distanza, non gli ha perdonato l’abbandono e il trasferimento al Cagliari.
Quattro giorni dopo ecco stagliarsi in sala stampa il profilo di Attilio Tesser. Caratterialmente diverso dal predecessore che tre anni prima, senza mezze misure, si presentò dicendo che i suoi uomini avrebbero dovuto “far scoppiare il pallone a ogni contrasto”. Tesser si presenta timidamente, parla di sudore e sacrificio, di rispetto per la maglia dell’Avellino. Viene accolto dalla passione e dal calore di duecento tifosi assiepati all’uscita dalla sala stampa. Gli chiedono di uscire per ricevere l’abbraccio di benvenuto. Fa un caldo infernale e la temperatura raggiunge il picco massimo con l’accensione di torce e fumogeni. Uno di questi bruciacchierà una scarpa (o il pantalone) del tecnico veneto. Ma poco importa.
Tesser pretende il massimo impegno dalla sua squadra. Sa bene che sarà complicato riconfermarsi ai livelli della passata stagione. Fare meglio significherebbe raggiungere la finale play off. Tutti hanno ancora negli occhi le immagini del campionato appena trascorso. E’ una sfida impervia, complicata. E’ il primo campanello d’allarme. Intanto la stagione ha inizio. C’è un derby con la Salernitana da giocare. Va male, Tesser ci mette la faccia, chiede scusa ai tifosi: si farà perdonare quattro mesi più tardi. Ma quell’aplomb al presidente Taccone non garba tanto. Dopo la sonora sconfitta interna contro il Vicenza, dopo gli occhi lucidi del post-gara, arriva la prima bacchettata del patron: “A Tesser ho chiesto di non essere troppo signore, di tirare fuori il carattere”. La replica signorile del Montebellunese arriva immediata: “Ho carattere e l’ho sempre dimostrato”. Il rapporto inizia a essere meno saldo di prima, scricchiola con il trascorrere delle settimane e a causa di risultati poco positivi. Tesser sbaglia qualcosa, c’è chi dice tanto, ma non ha a disposizione Castaldo, l’uomo in più della gestione Rastelli, ed è devastato da una sfortuna infinita che gli polverizza l’intero reparto difensivo. A Trapani si ritrova con un solo centrale di ruolo e cade, per la terza volta di fila. I titoli di coda sull’avventura stanno per calare, quando come una fenice che rinasce dalle sue ceneri, l’Avellino piazza sei vittorie (record biancoverde in Serie B) e sette risultati utili di fila che coincidono con il ritorno di Castaldo dalla squalifica.
Dal rischio retrocessione al settimo posto in classifica, il passo è brevissimo. Ma da qui iniziano i problemi. La salvezza, obiettivo dichiarato a inizio stagione dal direttore generale Massimiliano Taccone e abbracciato dagli altri dirigenti, dallo stesso Tesser e dalla squadra, non basta al presidente Taccone. Il patron, da primo tifoso, prova ad alzare l’asticella, il tecnico, che nel frattempo ha salutato il partente Marcello Trotta, la lascia dov’è, anche per evitare ulteriori pressioni alla sua squadra che, intanto, ricomincia a incassare tanti gol e a collezionare risultati poco soddisfacenti. Si arriva alla sfida interna con la Ternana. L’Avellino crolla al tappeto dopo aver fallito un calcio di rigore e altre due palle gol nel primo tempo. Ecco la svolta. Tesser viene esonerato e sostituito da Dario Marcolin, che al suo arrivo ha subito da ridire sulla condizione fisica della squadra. Il veneto manda giù il boccone amaro. “Non sono io la causa dei problemi dell’Avellino”, dirà mentre saluta l’Irpinia per rifugiarsi nella sua Montebelluna.
La svolta si rivela un autentico autogol. L’Avellino perde quattro partite e mette in cascina appena un punto. I tifosi già dopo la sconfitta di Latina chiedono la testa di Marcolin, dopo aver chiesto quella di Tesser solo due settimane prima. Le richieste di esonero si trasformano in appelli alla società per far tornare Tesser in panchina. Verranno accontentati il 20 aprile, un mese dopo l’inizio del breve interregno Marcolin. L’Avellino è a quattro punti dai play out, con due scontri diretti da giocare contro Pro Vercelli e Lanciano in trasferta. Tesser si presenta in sala stampa, restituisce la frecciatina a Marcolin (“La squadra sta bene fisicamente, è una questione mentale”), poi al Piola e al Biondi costruisce la salvezza dell’Avellino, certificata dall’1-1 interno col Como. Obiettivo raggiunto, ma non basta. La società pensa al futuro, blocca Domenico Toscano a due giornate dal termine della stagione regolare. Tesser non fa una piega, prende atto e si toglie un paio di sassolini dalle scarpe, con destinatari ben precisi: “Due nomi non fanno una grande campagna acquisti” e “Ho raggiunto due volte l’obiettivo salvezza. Si poteva fare di meglio? Qualcuno ha provato a fare di più e non ci è riuscito”. I tifosi chiedono a gran voce la sua riconferma, gli elogi e le osanna si sprecano. Non basterà. Il 31 maggio Tesser firma con la Cremonese, l’Avellino ripartirà da Toscano. Nel pomeriggio, a Teora, Tesser saluterà la sua gente. E avrà nuovamente la conferma di essere stato l’uomo giusto arrivato al momento sbagliato.
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