Ospite della puntata "un lupo in famiglia" di Prima Tivvù, il vice capitano dell'Avellino (capitano dopo l'infortunio di Laezza), Mirko Miceli, ha parlato di tanti temi, del suo arrivo in Irpinia e di cosa si aspetta dal futuro. 
Queste le sue parole: "L'Avellino mi aveva cercato già nel mercato di gennaio scorso, c'era mister Capuano che mi cercava per rinforzare la difesa. Poi non si fece nulla perchè la Sambenedettese non mi lasciò andare. Poi a luglio ci siamo parlati, il direttore mi parlava di un bel progetto, c'era mister Braglia che conosciamo tutti e quindi ho accettato. Quando sono arrivato eravamo in pochi, però mi avevano parlato tutti bene del presidente, della società e poi c'era mister Braglia che era una garanzia". 
La fascia da capitano: "Essere capitano è sempre una responsabilità, poi in una piazza come Avellino è senza dubbio una cosa bella e particolare, piena di oneri. Si può essere capitani anche senza indossare la fascia, ovvio che quando la indossi devi essere un esempio. Il capitano resta Giuliano Laezza, poi lui c'era già dalla scorsa stagione, io poi dovevo essere il vice capitano. Poi il ko di Giuliano purtroppo ha fatto sì che prendessi io questo compito. Essere capitano è anche fare da collante tra allenatore e squadra e tra società e squadra, anche se ad Avellino c'è il direttore Di Somma che fa da tramite. Prima magari era così". 
Il lupo nel cuore: "Da cosentino conosco bene cosa vuol dire essere un lupo, lì ci sono i lupi della Silla e quindi so cosa vuol dire la forza del branco". 
Il percorso da giovane: "Ho iniziato nella Lazio, poi mi chiamò il Catania, dove ho fatto 4 anni importanti lì. Catania è una città tanto bella quanto difficile. Poi dal Catania passai in Belgio, dove a 18 anni mi trovai a firmare un contratto di 4 anni. C'era una cultura completamente diversa dalla nostra, un altro mondo, un altro calcio. Non c'è ossesione come si vive qui in Italia. Ho vissuto a Bruxelles, mi ha aiutato molto avere compagni italiani. Poi sono andato a Varese e un giro di prestiti. Poi ho passato un periodo non semplice, sono stato 4-5 mesi nauseato dal calcio, volevo lasciare questo mondo, che vedevo non premiava per i sacrifici che si facevano. Quindi mi incominciai ad allenare a casa mia nel Cosenza, che era in C2, poi il Cosenza ebbe problemi societari e quindi andai a Rapallo e all'Olbia e da lì sono partito. I sardi sono particolari, se non ti impegni non ti curano". 
L'allenatore che più l'ha influenzato: "Inizialmente credo Biagioni, che mi ha dato autostima per credere nei miei mezzi. Mignani mi ha migliorato a livello tattico e anche Eziolino Capuano che ho avuto alla Samb, che comunque tatticamente è preparato. Ora ho mister Braglia, che è un sergente di ferro. Alla Sambenedettese mi sono affermato nella categoria, sono arrivato come comprimario e ora mi ritrovo ad essere un giocatore esperto della Serie C". 
Il padre difensore: "Mio padre è stato fondamentale, anche lui come me ha giocato come difensore centrale, anche in Serie A. E' stato un esempio per me. Non è stata una pressione avere mio padre che ha giocato in serie superiori, nemmeno una competizione, solo ammirazione e tanti consigli ricevuti. Mio padre quando mi cercava l'Avellino mi ha detto di non pensarci due volte a firmare. Lui ha affrontato l'Avellino in Serie A e ricorda le battaglie e la bolgia del Partenio. Mi raccontava cosa avveniva nel sottopassaggio, ma anche nel parcheggio, quando all'Avellino servivano punti pesanti". 
Il difensore di oggi: "Oggi non c'è più il libero, purtroppo oggi cercano sempre difensori bravi con i piedi, ma io penso che un difensore debba sempre essere bravo a difendere, a non far prendere gol, a mantenere la posizione e poi se ci sono i piedi buoni ben venga". 
Difesa a 3 o a 4: "Come dissi mi trovo meglio nella difesa a 3, se devo dire un perchè non lo so, mi trovo meglio, mi sento più a mio agio. Partire con palla al piede dalla tua area, è sempre un rischio, perchè se sbagli qualcosa rischi di mandare in porta gli avversari, io sono sempre per il risultato, sono uno pragmatico". 
Differenza tra i 3 gironi: "Più calcio si vede nel girone B, per me è il più difficile. Nel girone c c'è più agonismo, quest'anno ci sono tantissime piazze storiche, ci sono battaglie ogni domenica, ma meno squadre tecniche e meno calcio. Nel girone A, invece, vedo troppa differenza tra le prime e le ultime". 
Il compagno di squadra preferito: "Non c'è qualcuno in particolare. Purtroppo non potendo uscire per una cena, le compagne non si possono vedere per uscire, quindi è un pò difficile legare. Conoscevo già Ciancio che ci ho giocato insieme ad Alessandria. Anche con Pane ho legato abbastanza". 
I compagni che più lo hanno impressionato: "Ad Alessandria c'era Artico a fine carriera, e faceva la differenza. Ad Olbia con Cossu, che veniva dal Cagliari dalla Serie A e dalla Nazionale, Ragatzu, che poteva andare in Serie A e poi alla Samb c'era Bacinovic". 

A chi mi ispiro: "In presentazione dissi Rea e Pesoli. Perchè quando ero giovane mi hanno dato consigli quando ero giovane. Poi è normale se devo dire difensori top dico Nesta, Cannavaro". 
Carattere: "Prima ero molto più istintivo e permaloso, ora sono più razionale. Sono abbastanza riservato e fuori dal campo mi piace fare cose tranquille". 
Tre cose che non possono mancare: "Calcio, famiglia e salute. Ora che è nato mio figlio Tommaso è bello tutto". 
Rapporto con Braglia: "Mister Braglia mi metteva ansia nella settimana finale del travaglio, mi chiedeva tutti i giorni come stava mia moglie". 
 

Sezione: Copertina / Data: Gio 18 febbraio 2021 alle 16:20
Autore: Marco Costanza
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