Sogno o son desto? E' questo l'Avellino moribondo fino a sette giorni fa, incapace di creare più di due occasioni da gol a partita, incapace di vincere e di difendere? Ci si domandava, io stesso mi domandavo nel precedente editoriale, se bastasse un cambio tecnico per dare una svolta e i risultati sarebbero stati l'unica cartina al tornasole di questa scelta societaria. Ed ebbene la scossa c'è stata, eccome. A volte il calcio è strano perché accade che gli stessi calciatori che fino a una settimana fa arrancavano, contro il Perugia, la squadra più in forma del campionato e non una formazione di bassa classifica, ringhiano su ogni pallone, partono a mille, colpiscono una traversa, segnano due gol e ne sfiorano almeno altri due legittimando una vittoria che non fa una piega. Il tabellino finale dirà 6 tiri in porta a 0 per l'Avellino. Ma com'è possibile questa trasformazione in così poco tempo? Novellino aveva annunciato che avrebbe tifato per la sua ex squadra stasera, quella biancoverde contro un altro pezzo del suo cuore, il Perugia. Ma probabilmente si sarà anche chiesto come mai gli stessi calciatori con lui non rendevano allo stesso modo.

Una prima spiegazione può essere nella scossa che, si diceva, quasi sempre un nuovo allenatore porta in una squadra. I calciatori si sentono tutti nuovamente in discussione, chi giocava meno così come chi giocava sempre sanno che devono convincere il nuovo tecnico, si percepisce che la società ha bisogno di un cambio di rotta, si memorizzano schemi di gioco nuovi e questo in campo si traduce quasi sempre in una moltiplicazione delle forze che in genere dura qualche settimana, prima che la squadra trovi il suo nuovo assetto. Ma anche i risultati dello scorso weekend e la consapevolezza che solo una vittoria avrebbe evitato di venire invischiati in zona retrocessione deve aver fatto suonare un campanello d'allarme.

Ma allora l'Avellino non era così messo male, verrebbe da dire. Le qualità ci sono, diceva Novellino, la squadra ha qualità, ha esordito Foscarini in conferenza stampa, e contro il Perugia si è visto. Non a caso questa stessa squadra era arrivata al derby di andata contro la Salernitana da potenziale capolista, poi da lì qualcosa si è rotto, la squadra ha cominciato a perdere fiducia nei propri mezzi, si è ritrovata nelle zone anonime della classifica. A Natale la vittoria sulla Ternana sembrava l'alba di un nuovo giorno, un discreto avvio di girone di ritorno poi ancora la mancanza di vittorie, la debacle nel derby di ritorno hanno di nuovo dato la mazzata finale.

Era evidente che qualcosa andava cambiato, l'Avellino sembrava ormai il fantasma di sé stesso, una squadra che si trascinava in campo senza un'anima, senza un'identità, moribonda, quasi rassegnata al proprio destino. Ci voleva una ventata di novità, una sterzata forte della società, e probabilmente questa vittoria per risollevare il morale a questi ragazzi. Anche allo stadio il clima era diverso, si riviveva l'aria dei momenti migliori, è tornato l'ottimismo. Certo ora l'errore da non fare è quello di passare, per una sola partita, dal nero al bianco, dal pessimismo all'ottimismo. Diciamo che ci sono stati i segnali attesi per sperare ancora nella salvezza, che andrà conquistata nelle prossime otto giornate, a partire dallo scontro diretto di Chiavari. Almeno ora sappiamo che la nuova strada intrapresa pare quella giusta. E, come ha detto Foscarini, il difficile comincia proprio ora.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 09 aprile 2018 alle 23:50
Autore: Domenico Fabbricini / Twitter: @Dfabbricini
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