Si infrange in semifinale il sogno promozione dell'Avellino. Un vero peccato perché resta un po' l'amaro in bocca per quello che forse poteva essere e non è stato. Non è stato infatti un Avellino da combattimento come si sperava, non si è visto quello spirito arrembante ammirato finora nei playoff e nel secondo tempo di Padova. Paradossalmente nella partita più importante i Lupi sono apparsi imballati, imprecisi, poco concreti. Merito, va ammesso, anche del Padova che è stato obiettivamente superiore agli irpini chiudendo sul nascere ogni iniziativa e ripartendo con qualità. Nel primo tempo si è assistito a un vero dominio ospite, con un possesso palla nettamente superiore e almeno 2-3 nitide occasioni gol a zero, compreso il gol del vantaggio.
Ci ha provato un po' di più nel secondo tempo l'Avellino, quando Braglia come a Padova si è accorto che il modulo iniziale era stato neutralizzato dagli avversari, e stavolta ha sacrificato il 3-5-2, che bene aveva fatto finora compreso il secondo tempo di Padova, per un più quadrato 4-4-2. L'Avellino ci ha messo più anima, più impegno, ma non è bastato. Il Padova ha ribattuto colpo su colpo ogni tentativo, ha continuato a impedire le giocate irpine, e quando l'Avellino è riuscito, sporadicamente, ad arrivare in area ci ha pensato Dini a chiudere la porta. Onore e merito all'avversario, ma ripetiamo, se all'andata la partita era sembrata più equilibata e lasciava speranze per questo ritorno, tra l'altro tra le mura amiche e davanti a 1000 spettatori, oggi se c'è una squadra che ha meritato di andare in finale è soltanto il Padova. Una menzione speciale la meritano ancora una volta i tifosi irpini: encomiabile il loro incoraggiamento fuori dallo stadio prima dell'inizio della gara, incessante il sostegno dagli spalti, seppur in mille unità. Quanto ci era mancato sentire quei cori e rivedere quei colori...
Cala il sipario dunque su una lunga ed estenuante stagione, che si può etichettare comunque come positiva per i colori biancoverdi. Ripartiti in estate Da D'Agostino, con una rosa completamente nuova, un allenatore nuovo, l'Avellino era solo una grossa incognita e non era inserita da nessuno come una pretendente al salto di categoria. Ternana (che poi ha stravinto), Catanzaro, Catania, Teramo erano indicate come le più attrezzate del girone, così come Padova, Alessandria, Como, e molte altre negli altri gironi. Diciamo la verità, vincere il campionato era difficile, vincere i playoff ancor più difficile: la nuova formula prevede che solo una su trenta passa, una sorta di mini coppa Italia. Primeggiare era un'impresa come vincere il campionato, anche perché si affrontano le migliori di ogni girone, e anche per questo l'Avellino merita un plauso per essere arrivato, al primo tentativo, alle finale four.
Certo il rammarico c'è ed è giusto che ci sia, quando pareggi la semifinale di andata fuori casa è normale che sogni poi di giocare la finale per la B, ma il campo ha decretato un esito diverso. Ci si riproverà l'anno prossimo, ed è già tempo di bilanci. A partire da Braglia: resterà? Ci riproverà il prossimo anno? O preferirà togliere le tende? Il presidente D'Agostino avrà la lungimiranza di confermare una squadra che ha fatto bene, ripartire da un'ossatura di qualità e rinforzarla ulteriormente, come ha fatto la Ternana negli ultimi anni fino a stravincere il girone? L'estate è appena iniziata, da domani per la squadra sarà tempo di vacanze, per tutti noi sarà già calciomercato.
Autore: Domenico Fabbricini / Twitter: @Dfabbricini
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