Adesso gli alibi sono finiti. Abbiamo provato, evitando di arrivare a conclusioni affrettate, a concedere del tempo all'Avellino di Taurino, a bollare come preventivabile la sconfitta di Pescara, alla prima ufficiale su un campo difficile; a ricercare in una giornata storta il pari interno con la Gelbison, ma dopo la sconfitta di Monopoli il quadro comincia a essere abbastanza chiaro. Questo Avellino è in piena crisi. Stiamo parlando di sole tre giornate di campionato, certo, ma mai era successo a memoria, men che meno in un campionato di C, che l'Avellino chiudesse le prime tre giornate con un solo punto e un solo gol all'attivo. Un punto peraltro conquistato in casa contro una matricola senza quasi mai tirare in porta. Dopo il primo punto nella storia della Gelbison in un campionato professionistico, l'Avellino ha regalato anche la prima vittoria del Monopoli in campionato sui Lupi, che finora non erano mai usciti sconfitti dal 'Veneziani'. Record negativi su record negativi per una squadra che appare sempre più il fantasma di sé stessa.
Eppure nessuno si aspettava questo inizio, nemmeno i tifosi più pessimisti che hanno contestato il lavoro della società già questa estate, aspettandosi forse un mercato migliore, né tanto meno gli addetti ai lavori che mettevano l'Avellino tra le possibili protagoniste insieme a Crotone e Catanzaro. Ma mentre le due calabresi cominciano a fare il vuoto viaggiando a punteggio pieno, l'Avellino è desolatamente in zona retrocessione. Invece per la terza volta si è vista una squadra senza anima, senza mordente, senza fame e cattiveria. Una squadra che pure era partita bene, creando qualche buona giocata nei primi dieci minuti, ma che si è poi sgretolata immediatamente incassato il primo gol, arrivato da un errore difensivo, con tutta la retroguardia immobile a guardare Starita staccare di testa da solo. Un errore imperdonabile. Da quel momento in poi il Monopoli ha preso in mano gioco e campo, trovando poco dopo anche il raddoppio con una staffilata da fuori area di Montini, favorita però da un errato rinvio di Marcone.
E' un Avelino che appare sempre più in confusione e in paura, dalla prima giornata ad oggi. Ma paura di cosa? Della tifoseria? Delle pressioni della piazza? Eppure si tratta di calciatori professionisti che hanno già giocato in altre piazze calde, e va comunque detto che la tifoseria ha sempre sostenuto la squadra sul campo, anche a Monopoli ha cantato dal primo all'ultimo minuto, anche sotto di due reti. Le critiche, semmai, ci sono state nei confronti della società ma mai di allenatore e giocatori, che quindi non possono avere l'alibi della pressione. Certo, questo clima ingiustificatamente (fino ad oggi) pesante che si respira ad Avellino fin dall'inizio del ritiro, culminato con lo striscione esposto alla vigilia della partita di Monopoli contro D'Agostino e De Vito sicuramente verrà percepito dai calciatori, magari qualcuno davvero avverte questa pressione, ma sanno anche che con le belle prestazioni sul campo tutto si risolve e non possono che arrivare applausi per loro. Invece sono arrivati altri, comprensibilissimi, fischi.
Un Avellino non solo impaurito, ma anche in confusione tattica, e ci spiace dirlo perché Taurino ci sembra un allenatore determinato e preparato. Ma a Monopoli ha cambiato ben tre assetti tattici nel corso della stessa partita: partito col 3-4-3, vedendo che la squadra non creava ma anzi subiva è passato al 4-3-3, e nel finale addirittura al 4-2-4 con Gambale e Murano centrali, Di Gaudio e Russo laterali. E' arrivato il primo gol stagionale, ma è arrivato da una giocata individuale di Casarini, bravo a piazzare la palla tra palo e portiere. L'unico che in queste giornate ha fatto vedere lampi di qualità con il palo colpito contro la Gelbison, la traversa clamorosa a Monopoli e infine il gol del 2-1. Per il resto nessun pericoloso per Vettorel, nessuna impressione di poter essere una squadra pericolosa, piuttosto una pecorella smarrita che si è rintanata alle prime difficoltà.
Non sappiamo se la società stia ragionando sulla posizione di Taurino, non sappiamo neppure quali sono gli obiettivi della società, che è poi il leit motiv della protesta dei tifosi nelle ultime settimane. Ma di sicuro la pazienza non sarà infinita. D'Agostino non avrà dichiarato gli obiettivi stagionali, ma di certo ha dato il compito a De Vito di allestire una squadra che potesse ambire almeno ai playoff, e nomi alla mano, si diceva all'inizio, un po' tutti la davano come una possibile outsider. Non è una squadra da ultimi posti, ripetiamo sulla carta, ma allora vuol dire che nessuno sta rendendo come dovrebbe. Colpa della tattica? Della mancanza di carattere? Della paura? Se lo sapessimo si risolverebbe la metà dei problemi, ci auguriamo ora che ci sia un faccia a faccia tra allenatore e dirigenza per capire cosa non va e provare a invertire subito la rotta. Perché la pazienza, come si diceva, non può essere infinita.
Autore: Domenico Fabbricini / Twitter: @Dfabbricini
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