Se oggi stilassimo una classifica dei calciatori dell'Avellino più amati dai tifosi biancoverdi, sul podio assieme ad Adriano Lombardi e a Salvatore Fresta ci sarebbe sicuramente lui. Pippo Viscido è rimasto nel cuore dei sostenitori irpini, pur attraversando assieme al club uno dei momenti più delicati della sua storia, il post-fallimento e la ripartenza dall'inferno della Serie D. Non ha vissuto gli anni d'oro della Serie A, non ha vinto campionati, non ha ottenuto promozioni in B: ha giocato soltanto due anni ad Avellino, eppure il suo ricordo rimarrà scolpito per sempre nei nostri cuori.
Pippo dava cuore e anima, dentro e fuori dal campo: è stato il calciatore che tutte le squadre avrebbero voluto tesserare, l'amico che tutti avrebbero voluto al proprio fianco. Lo dimostra l'affetto riservatogli da ogni singola città in cui ha giocato: da Avellino a Sorrento, da Licata a Palmi, da Afragola alla sua Battipaglia. Striscioni, foto, fiumi di lacrime hanno accompagnato gli ultimi giorni, scanditi dalla malinconia e dai ricordi, scivolati via dalla notizia della tragica scomparsa fino al suo addio. Giorni tristi, di domande e risposte inevase, probabilmente scritte in quei messaggi inviati a moglie e figlia prima di farla finita. Perché lo hai fatto, Pippo? Perché?
Pippo si era cucito la maglia dell'Avellino sulla pelle. Non c'era intervista, ospitata tv, chiacchierata informale nelle quali non parlava meravigliosamente bene dell'Avellino, del suo popolo, della sua storia, della breve ma importante parentesi con indosso il biancoverde, vestito per due anni, 40 partite e 2 gol, entrambi segnati in Serie D, al Partenio-Lombardi, nel 4-0 al Modica e nel 2-2 col Sambiase.
Per l'Avellino, da vero "pitbull", era pronto a battersi in accesi duelli sui social, preso di mira dai tifosi salernitani: lui battipagliese doc, innamorato della sua città, com'era possibile che sentisse così forte il legame con una provincia, quella irpina, che in poco tempo aveva imparato a volergli bene, a coccolarlo come un figlio, a osannarlo? Semplice, perché Pippo rispecchiava in pieno il prototipo di calciatore che una piazza come Avellino ha sempre richiesto. Un uomo vero, un professionista esemplare dentro e fuori dal campo. Sono stati in tanti a chiedergli di tornare in biancoverde, fosse stato per lui, l'avrebbe fatto pure gratis.
Pippo te lo ritrovavi allo stadio a tifare Avellino o nel settore ospiti dell'Arechi di Salerno, sciarpa al collo, tra centinaia di tifosi biancoverdi, a incitare la squadra negli accesi derby contro i rivali granata. Ora non c'è tifoso, compagno, dirigente o giornalista che non lo pianga. Abbiamo perso una persona buona, un amico vero. Ciao Pippo.
Autore: redazione TuttoAvellino / Twitter: @tuttoavellinoit
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