Un uomo solo, alla deriva. E’ l’identikit perfetto di Walter Taccone, che può essere considerato a tutti gli effetti l’ex proprietario dell’U.S. Avellino 1912, oltre che il principale responsabile della nuova caduta negli inferi della Serie D di una società gloriosa, costretta dopo nove anni a ripartire dai campi di provincia della Calabria e della Sicilia. “Tranquilli, è tutto a posto”, gridava ai quattro venti poco meno di un mese fa. Era il 12 luglio e mentre Anna Falchi indossava la nuova divisa da gioco che non vedrà mai la luce, la Covisoc annunciava l’esclusione dell’Avellino dal campionato di Serie B.

Quello che è accaduto dopo è nella memoria di tutti, cancellare venticinque giorni di tensioni, attese e speranze sarà impossibile. Nel cassetto dei ricordi spiacevoli, accanto al 9 luglio 2009, ci sarà posto per il 7 agosto 2018. Come si è arrivati a tutto questo? Semplice, con l’improvvisazione e la spavalderia di un presidente che, negli ultimi tre anni, ha visto naufragare il suo progetto.

L’Avellino, quello che entusiasmava la folla, è rimasto fermo alla traversa di Bologna. Da lì in poi una selva di errori grossolani, imperdonabili. A partire dall’esonero di Attilio Tesser, uno dei pochi che ha davvero amato questa piazza, cacciato via per fare posto a Dario Marcolin salvo poi essere richiamato per salvare l’Avellino da un’incredibile retrocessione. Nell’estate 2016 le prime magagne vennero a galla. L’encomiabile lavoro dell’avvocato Eduardo Chiacchio - a cui va rivolta la nostra gratitudine e il nostro affetto, non fosse altro per le lacrime versate e le parole al miele utilizzate per raccontare il suo rapporto con la piazza avellinese – con un volo last minute raggiunse il Tas di Losanna e mise a posto una situazione ingarbugliata con il Fulham, che vantava la percentuale della cessione di Marcello Trotta al Sassuolo. L’Avellino, già in quel caso, rischiò di non iscriversi in Serie B per inadempienze con società appartenenti a federazioni estere.

Il caso calcioscommesse, poi, gettò una buona manciata di fango sulla società, uscita pulita dalla vicenda, ma con una macchia in classifica che, per fortuna, non inficiò sulla corsa salvezza, raggiunta all’ultima giornata dalla squadra di Walter Novellino. Anche in quel caso, il grosso del merito fu giustamente attribuito all’avvocato Chiacchio, capace di fare assolvere tutti i suoi assistiti, come accadde la scorsa estate, con il “Caso Catanzaro”: un altro colpo letale all’immagine del club.

E arriviamo ai giorni nostri, alla serie di nefandezze all’atto dell’iscrizione. La buona fede del presidente Taccone non la mettiamo in dubbio (non ancora). In fondo i 4 milioni di euro versati per la ricapitalizzazione e per pagare gli stipendi e i contributi ai tesserati sono usciti dalle sue tasche. Ma il caos generato dalla presentazione di fideiussioni sbagliate, incomplete, portate a mano con evidente ritardo, è qualcosa di imperdonabile. Senza addentrarci troppo nei meandri della psiche umana e nei perché delle scelte compiute senza cognizione di causa e con la presunzione di poter riuscire a infrangere le regole, resta il rammarico per aver perso un patrimonio di inestimabile valore (la Serie B) per una formalità.

Taccone, vittima del suo ego smisurato, confermato prepotentemente nella conferenza stampa del 18 luglio ad Ariano Irpino, ha trascinato l’Avellino negli abissi, giocando con la passione dei tifosi biancoverdi, umiliati da un nuovo comunicato stampa di cui non se ne sentiva la necessità. A leggere la nota pubblicata in mattinata, l’ex presidente Taccone cambia idea dall’inizio alla fine. Parte in quarta ribadendo l’intenzione di continuare la sua battaglia legale (la sua, non la nostra), salvo poi cambiare idea e rimettersi alla decisione del Tar Lazio. L’U.S. Avellino di Walter Taccone non esiste più. I calciatori andranno via nelle prossime ore, ricorrendo allo svincolo d’ufficio, e l’Associazione per la Storia, lungimirante cinque anni fa, gli toglierà pure il logo e la denominazione. Se Taccone vorrà iscrivere il suo Avellino (il suo, non il nostro) potrà farlo partendo dalla Prima Categoria, con i debiti contratti in questi nove anni, senza un parco giocatori, senza il logo, senza la denominazione “UeSse” e senza le persone che gli hanno dato fiducia negli anni, ricevendo in cambio tutto questo. Pensiamo a chi ha perso il lavoro, a chi guadagnava 1000 euro al mese, a chi dovrà cercarsi un nuovo impiego. Loro sono i veri sconfitti.

E poi ci sono loro, i tifosi, spinti all’inferno un’altra volta. Sapranno rialzarsi, come è accaduto nove anni fa. Ingoiare il boccone amaro sarà molto complicato. Far scivolare via tutta la rabbia sarà un’impresa titanica. Quanto accaduto ieri servirà a tutti noi. Nessuno scenda dalla barca, lo faccia soltanto Taccone. E ripartiamo!

Sezione: Editoriale / Data: Mer 08 agosto 2018 alle 11:53
Autore: redazione TuttoAvellino / Twitter: @tuttoavellinoit
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