Le partite di coppa sono sempre interlocutorie, figuriamoci una gara di coppa Italia di C, che ha un interesse di poco superiore a quello di un'amichevole. Difficile leggere quindi questo ennesimo passo falso dell'Avellino, anche se non si può ignorare il fatto che i biancoverdi sono riusciti a fare anche peggio di quanto fatto finora in campionato, dove avevano sempre pareggiato, uscendo addirittura sconfitti in casa per 1-0 per mano del non certo irresistibile Ancona Matelica. Una squadra giovane, imbottita di riserve, che per voce del proprio allenatore, l'ex Colavitto, avrebbe giocato questa partita con il solo scopo di mettere minuti nelle gambe e far fare esperienza a chi finora ha giocato meno. Difficile da capire, come si diceva, se fossero più basse le motivazioni dell'Avellino o quelle dell'Ancona, che voleva comunque fare bella figura in casa di una candidata alla promozione, ma di sicuro l'Avellino non pensiamo avesse voglia di fare una figuraccia simile, soprattutto nel momento in cui si trova, con la tifoseria già scontenta per i tre pareggi consecutivi in campionato.
Magari, se l'Avellino avesse vinto, si sarebbe detto "sì ma è una partita di coppa di C che conta quel che conta, bisogna vedere poi in campionato", allo stesso modo dopo una sconfitta si può dire "sì abbiamo perso ma non sono queste le partite da tenere in considerazione". Una cosa però è certa, l'Avellino di Braglia non è sceso in campo per perdere. Magari non ha giocato con l'intensità e la rabbia calcistica di una partita di campionato, ma soprattutto dopo i fischi di domenica scorsa e l'appello al sostegno da parte di Di Somma di stamattina, ci si aspettava quantomeno una reazione di orgoglio, una dimostrazione che almeno la squadra c'è, e che è in crescita.
Invece questa partita accende soltanto un ulteriore campanello di allarme, perché se è vero come si diceva che ha un valore relativo, la squadra è comunque apparsa più abulica e imballata del solito, ha preso due gol nei primi sette minuti, il primo annullato per fallo di mano, il secondo regolare. E non è riuscita a reagire. O meglio, ci ha provato ma senza mai bucare la rete. E continua l'astinenza da gol degli attaccanti: ora sono cinque le partite ufficiali senza reti dei bomber, l'unica marcatura porta la firma di D'Angelo, contro la Juve Stabia e in coppa con la Ternana, sempre su rigore. Troppo poco per una squadra che punta al vertice, per una società che vuole migliorare il cammino compiuto l'anno scorso, quando si arrivò alle semifinali playoff.
Vogliamo sicuramente sostenere il pensiero di una bandiera come il ds Di Somma, sicuramente le critiche dopo appena tre giornate sono premature, giusto far sentire il proprio dissenso ma bisogna dare il tempo alla squadra di poter dimostrare qualcosa. Ma è anche vero che cinque partite ufficiali sono pur sempre cinque partite, in cui l'Avellino non ha raggiunto neanche una vittoria. Anzi oggi ha compiuto un passo indietro. Braglia ha stravolto un po' le carte, sì, ma la squadra era comunque formata da calciatori acquistati per far parte, tutti insieme e non solo alcuni, del gruppo che avrebbe dovuto lanciare l'assalto alla B. E veder fare queste partite pone davvero tanti interrogativi, oltre ad addensare molte nubi sulle reali potenzialità della squadra.
Diamo ancora tempo quindi, archiviamo questa partita di coppa, come dicevamo all'inizio, come un incidente di percorso che piò capitare in competizioni come questa, e rimettiamo la testa solo al campionato. E' quello che conta, ma adesso non si può più scherzare, lunedì sera contro il Monopoli, peraltro primo a punteggio pieno, è attesa una svolta, o le preoccupazioni potranno cominciare a essere davvero fondate e concrete.
Magari, se l'Avellino avesse vinto, si sarebbe detto "sì ma è una partita di coppa di C che conta quel che conta, bisogna vedere poi in campionato", allo stesso modo dopo una sconfitta si può dire "sì abbiamo perso ma non sono queste le partite da tenere in considerazione". Una cosa però è certa, l'Avellino di Braglia non è sceso in campo per perdere. Magari non ha giocato con l'intensità e la rabbia calcistica di una partita di campionato, ma soprattutto dopo i fischi di domenica scorsa e l'appello al sostegno da parte di Di Somma di stamattina, ci si aspettava quantomeno una reazione di orgoglio, una dimostrazione che almeno la squadra c'è, e che è in crescita.
Invece questa partita accende soltanto un ulteriore campanello di allarme, perché se è vero come si diceva che ha un valore relativo, la squadra è comunque apparsa più abulica e imballata del solito, ha preso due gol nei primi sette minuti, il primo annullato per fallo di mano, il secondo regolare. E non è riuscita a reagire. O meglio, ci ha provato ma senza mai bucare la rete. E continua l'astinenza da gol degli attaccanti: ora sono cinque le partite ufficiali senza reti dei bomber, l'unica marcatura porta la firma di D'Angelo, contro la Juve Stabia e in coppa con la Ternana, sempre su rigore. Troppo poco per una squadra che punta al vertice, per una società che vuole migliorare il cammino compiuto l'anno scorso, quando si arrivò alle semifinali playoff.
Vogliamo sicuramente sostenere il pensiero di una bandiera come il ds Di Somma, sicuramente le critiche dopo appena tre giornate sono premature, giusto far sentire il proprio dissenso ma bisogna dare il tempo alla squadra di poter dimostrare qualcosa. Ma è anche vero che cinque partite ufficiali sono pur sempre cinque partite, in cui l'Avellino non ha raggiunto neanche una vittoria. Anzi oggi ha compiuto un passo indietro. Braglia ha stravolto un po' le carte, sì, ma la squadra era comunque formata da calciatori acquistati per far parte, tutti insieme e non solo alcuni, del gruppo che avrebbe dovuto lanciare l'assalto alla B. E veder fare queste partite pone davvero tanti interrogativi, oltre ad addensare molte nubi sulle reali potenzialità della squadra.
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